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Modellazione Tridimensionale per Oggetti
Verso una Progettazione Architettonica Interattiva

Antonino Saggio

Lehrstuhl für Architektur und CAAD
ETH, Politecnico federale svizzero di Zurigo
CH 8093 Zürich, Switzerland

English  Abstract below


Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Situazione esistente

Sommario

Sulla base di tre esperienze progettuali, l’autore descrive le metodologie del lavoro di progettazione in un ambiente di modellazione per oggetti gerarchicamente organizzati. All’introduzione, che analizza i diversi livelli nel quale si svolge il rapporto tra professionisti e informatica, segue una sezione che tratta gli aspetti fondamentali del programma tridimensionale. Si ripercorrono successivamente le esperienze progettuali: la prima per una nicchia a Pittsburgh e le altre due per lavori di Concorso a Roma e Nimega. I risultati da sottolineare sono: (i.) la gestione di modelli complessi, (ii.) lo sviluppo delle decisioni progettuali in viste prospettiche e soprattutto (iii.) l’interattività tra sviluppo progettuale e verifica dei risultati permessa dall’approccio gerarchico. Tali portati sono innovativi sia dal punto di vista operativo che da quello metodologico e rappresentano, a parere dell’autore, degli stimoli per lo sviluppo e l’approfondimento della progettazione architettonica.
 
 

Object Based Modeling
Towards an Interactive Architectural Design

Antonino Saggio

Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Built after project  B. Lindsey e P. Rosenblatt.

Lehrstuhl für Architektur und CAAD
ETH, Politecnico federale svizzero di Zurigo
CH 8093 Zürich, Switzerland

Abstract

Based on three design experiences, the author describes design methodologies in an object based modeling environment. This approach requires representation of a design in terms of the parts that is composed of. These parts are treated as separate objects which are organized in a hierarchical structure. For example, a window-object is created and then inserted and duplicated many times in a house-object which is inserted and duplicated in a cluster-object an so on. The approach has several advantages: (i.) since an object is a subroutine, the file size is minimized allowing large and complex models even on a personal computer such as the Macintosh II, (ii.) rendering and manipulation of the different parts are controlled through hide and show commands sensibly increasing design operations, (iii.) interactive design decisions are possible because the transformation of an object at a lower level is automatically instantiated in all its occurrences.

The author analyses in details three projects. The first deals with a small, but geometrically complex design by B. Lindsey and P. Rosenblatt for Classic Niches at Carnegie-Mellon. The construction of an object based model made possible the interactive decisions about coffers size and proportions applied to an hemisphere. The other two projects deal with low rise high density housing. The tridimensional environment allowed the production of computer generated renderings as well as print outs for presentation, the interactive appraisal of the residential environment, and modifications of elements such as roof shapes during design development.

In all these experiences, soon to be applied to teaching architecture students at ETH, the designer works with a tool which does not exist in a traditional setting. It is a live model able to react to his/her ideas not only in performing spatial operation but also in testing complex changes even in advanced design phases.

As discussed in the first and last section of the paper, it is the author’s contention that this approach represents an amplifier of our ideas and a stimulus for the development of architectural design.



1 Introduzione

L’uso dell’elaboratore elettronico è diventato in questo scorcio di fine secolo uno strumento utile non solo per alleviare gli aspetti meccanici e quantitativi del nostro lavoro, ma anche per stimolare l’avanzamento complessivo dell’architettura, ivi compreso il suo sancta sanctorum: la progettazione. Intendiamo riflettere in questo intervento proprio sull’utilizzo del Computer aided architectural design attraverso l’analisi di lavori che hanno visto impegnato chi scrive nel biennio 1990-'91. Si tratta di esperienze progettuali compiute con l’ausilio di un programma tridimensionale che permette una costruzione gerarchica per oggetti. Il lavoro in questo contesto presenta aspetti innovativi rispetto alle pratiche tradizionali sia per quanto riguarda lo sviluppo delle decisioni progettuali sia per l’articolazione del metodo di progetto.

Figura 1: Case a Nimega, Concorso “Living in the city”. Progetto di D. Orazi, L. Prestinenza e A. Saggio (Nimega, 1990).
 

1.1 Professionisti e Informatica

È bene innanzitutto sgombrare il campo da malintesi.

Il primo riguarda il preconcetto che porta a pensare all’azzeramento di una modalità di lavoro precedente a favore di una più moderna: sfatare cioè il mito (o la paura) che una nuova tecnologia svolga un’opera di cannibalismo rispetto a una precedente. L’innovazione tecnologica opera una "decantazione", non una sostituzione, e ciò naturalmente vale anche per il Caad: non è raro riscoprire il piacere di disegnare e schizzare quando gran parte del lavoro progettuale viene sviluppato all’elaboratore e cercare il flusso cervello-mano-matita-carta come pratica necessaria per le caratteristiche che le sono proprie e non per quelle che le erano attribuite [1].

Inoltre bisogna considerare che la gran parte dei professionisti (ivi compresi gli architetti) sono degli utenti di programmi redatti da altri: acquistano un prodotto che, attraverso una serie di comandi preconfezionati, agevola la realizzazione di un risultato che è il fine della propria attività e nel quale si coagula la professionalità dei singoli. Ma l’essere utente e compratore nel campo informatico ha implicazioni ben più complesse che in altri settori: un programma non è uno strumento meccanico, ma il risultato ? in genere creato da gruppi pluridisciplinari ? di un lavoro intellettuale ad altissimo livello.

È naturale allora che i professionisti-utenti siano spinti ad avere con i prodotti dell’informatica relazioni il cui livello di complessità è proporzionale alla quantità di lavoro intellettuale condensato in questi prodotti. Per chiarezza converrà dividerle in due grandi categorie: le relazioni "di andata" e quelle "di ritorno".
 
 

1.2 Alcuni Vantaggi Pratici. Relazioni di Andata

Riguardano l’adattamento delle nostre strutture mentali e dei nostri abituali metodi all’ambiente informatico nel quale si lavora. Esse comportano una serie di vantaggi pratici.

Non tutto è facile e immediato nel processo di apprendimento e di adattamento al lavoro con un elaboratore, ma le facilitazioni che si ricavano dal trasferimento delle informazioni da un supporto rigido e difficilmente modificabile (la carta, i fogli di lucido, i plastici eccetera) a uno elettronico non sono da sottovalutare. Basti infatti considerare la possibilità:

i. di costante manipolazione dell’informazione;

ii. di duplicazione all’infinito dello stesso prodotto;

iii. di lavoro in spazi ristretti;

iv. di invio rapido in tutto il mondo di illimitate quantità informazioni.

Anche una sola di queste potenzialità, spinge i progettisti ad affidare una porzione sempre più grande del proprio lavoro all’informatica; tra tre anni, per esempio, tutti gli architetti svizzeri avranno un elaboratore e programmi di disegno nel loro ufficio [15].

Considerare l’avvento del Caad all’interno delle possibilità che abbiamo sopra elencato equivale però a fermarsi solo sulle sue implicazioni immediate, anche se rilevanti. In realtà il contributo più importante si muove in un’altra direzione ed è rappresentato da quelle che abbiamo chiamato relazioni di ritorno.
 
 

1.3 Stimoli Intellettuali. Relazioni di Ritorno

Se ne vogliamo dare una definizione, si tratta degli stimoli di ordine intellettuale che spingono il professionista ad allargare la percezione della disciplina in cui opera e a suggerire nuove modalità e nuovi concetti per il proprio lavoro.

Da questo punto di vista si tratta di relazioni di natura simile a quelle che si hanno con i prodotti tradizionali del lavoro intellettuale. Naturalmente, come per i libri, ci sono autori cari e fondamentali e altri inifluenti, vi sono scelte, predilezioni, odi e abiure che hanno a che vedere con il modo con il quale percepiamo obiettivi e modalità del nostro operare.

Ma oltre alle predilezioni per alcuni ambienti (e l’avversione per altri), con l’informatica si instaurano relazioni che travalicano il rapporto tradizionale che lega prodotto intellettuale e professionisti. Vi sono infatti componenti che influenzano le modalità, i processi, le strutture mentali con cui si svolge concretamente il lavoro. Per chiarezza espositiva, è utile di nuovo ricorrere a una categorizzazione. Possiamo così considerare quattro distinti livelli in cui si esplicano tali relazioni di ritorno:

i. funzioni peculiari all’ambiente informatico;

ii. esplorazioni in ambiti non disciplinari;

iii. sviluppo di nuovi ambienti di lavoro;

iv. innovazioni strutturali.

Cerchiamo, il più schematicamente possibile, di cogliere la rilevanza dei distinti livelli che abbiamo appena enunciato.
 
 

1.4 Funzioni Peculiari all’Ambiente Informatico

Molti programmi sono costruiti simulando in un ambiente elettronico una maniera di operare tradizionale. Così un programma di scrittura sostanzialmente duplicherà la macchina da scrivere e uno da disegno un tecnigrafo. Alcune funzioni renderanno il lavoro più facile e rappresentano delle applicazioni della già citata possibilità di manipolazione elettronica dei dati con i vantaggi pratici citati. (In un programma di scrittura la numerazione automatica delle note o il controllo ortografico, in uno di disegno il lavoro per strati trasparenti o il calcolo automatico delle aree ne sono un esempio.)


Figura 2: Villa sul lago di G. Terragni, 1936. Ricostruzione di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).
 

Ma queste pssibilità rappresentano solo delle facilitazioni, non incidono più di tanto nel nostro modo di pensare o di fare. Eppure, appena sopra questo livello, alcuni comandi in apparenza simili, ma che esistono solo in un contesto informatico, aprono la strada a quelle che si possono iniziare a definire relazioni di ritorno, amplificatrici della nostra percezione e stimolatrici della nostra intelligenza.

Pensiamo ad esempio a quello che in un programma di scrittura rappresenta il "cerca" e il "cerca e cambia". L’analisi strutturale per capire la ricorrenza di termini o espressioni in opere letterarie si puó muovere in direzioni nuove. Analoghe osservazioni si possono fare per le funzioni di "scala" in un programma di disegno. Trasformazioni proporzionali o non proporzionali e una diesamina parametrica degli elementi del progetto sono profondamente influenzate dalla presenza di tali possibilità [7, 9, 16].
 
 

1.5 Esplorazioni in Ambiti Non Disciplinari

Tutte le informazioni contenute in un elaboratore sono, alla fine dei conti, un insieme di numeri. Di conseguenza il trasferimento da un ambiente a un altro dei dati è non solo fattibile ma anche naturale, almeno in alcuni elaboratori.

La facilità del trasferimento dei dati spinge anche noi architetti ad avventurarci in ambienti che non sono stati originariamente pensati per la nostra professione.

Facciamo degli esempi sulla base di sperimentazioni svolte direttamente o dai miei studenti e applicate alla documentazione e analisi dell’architettura contemporanea [13]:

i. la ricreazione del processo di ideazione progettuale attraverso la manipolazione di volumi solidi con un metodo di sottrazione e di addizione di forme primarie;

ii. lo sviluppo di data base grafici con un reciproco supporto tra informazioni letterali e immagini;

iii. la composizione di film di animazione del processo progettuale che, incorporando materiali creati in diversi ambienti elettronici, ricompongono una "storia" attraverso la sceneggiatura di una serie concatenata di scelte.

Tutti questi casi, ma in particolare l’ultimo, si basano su una caratteristica comune: l’applicazione al dominio delle architettura di tecniche che non le sono proprie. Ovviamente tale pratica creativa di è ben conosciuta e sempre esistita, ma la facilità con cui può aver luogo nell’informatica permette realmente di ricorrere ? con relativa facilità ? ad approfondimenti e arricchimenti extra-disciplinari di cui i tre citati, nel primo caso nella scultura, nel secondo nelle tecniche di catalogazione e di ricerca guidata e infine nella costruzione e nel montaggio cinematografico, sono un esempio. Tali "sconfinamenti", molto improbabili in ambienti non informatici, influenzano lo stesso modo di descrivere (e forse anche di fare) il progetto quando si ritorna a mezzi tradizionali [14].
 
 

1.6 Sviluppo di Nuovi Ambienti di Lavoro

Naturalmente l’aspetto per cui gli elaboratori sono più noti è la capacita di realizzare automaticamente una serie di operazioni, quello che è appunto chiamata programmazione.

Il divario tra programmatori e utenti di programmi redatti da altri si è negli ultimi tempi assottigliato sulla spinta di due tendenze.

Da una parte la possibilità, all’interno di programmi Caad, di una ri-programmabilità anche molto complessa realizzata dall’utente. Speciali funzioni e comandi che sono peculiari di un modo di lavoro possono così essere aggiunti su una piattaforma già esistente. AutoCad (prodotto dalla AutoDesk) è il capostipite di questa impostazione attraverso la programmazione in AutoLisp [15, 16]. Infinite sperimentazioni vengono così aperte per le delle verifiche, dei calcoli, degli effetti e nello stesso processo di progettazione [3, 8].

La seconda tendenza è quella che fa della programmazione una pratica facile e intuitiva soprattutto quando si appoggia, come nel caso precedente, su un ambiente di lavoro già costituito e autonomamente funzionante.

È questo il caso del lavoro di Bill Atkinson e del suo HyperCard [6] che associa la caratteristica di innovazione strutturale di cui parleremo in seguito con la facilità di programmazione per oggetti.

Anche su questa via vi sono sperimentazioni innovative che hanno ricadute nel settore della valutazione e guida del processo progettuale [11], in quello dell’analisi e della didattica interattiva della progettazione [14] e in quello del controllo del processo costruttivo [19].
 
 

1.7 Innovazioni Strutturali

In alcuni casi ci si trova di fronte a programmi completamente innovativi, abbiamo sopra accennato a HyperCard, i quali non simulano niente di preesistente ma inventano un’organizzazione delle informazioni completamente nuova.

Il caso più noto di questo tipo è l’invenzione del foglio elettronico (un modo di legare con relazioni matematiche anche molto complesse le celle di un tabulato) che permette il costante aggiornamento di tutti i valori al solo variare di un dato. Come si sa, questa invenzione ha comportato relazioni di ritorno in un campo vastissimo di attività: da quello finanziario a quello dei computi dei costi delle costruzioni nel campo architettonico. Soprattutto ha rappresentato l’avvento di un modo generalizzato di pensare "What...If" che può investire anche il lavoro dell’architetto almeno nei campi della programmazione e dei calcoli costi-benefici, come ho potuto sperimentare in più di un caso.

Anche nel settore della progettazione architettonica, sono ormai maturi programmi che possono indurre la mente di un architetto ad allargare la percezione della sua disciplina e a ripensare al proprio metodo di lavoro. È quello che può avvenire, con la modellazione tridimensionale, soprattutto se organizzato gerarchicamente per oggetti.

Trattare diffusamente di questo aspetto attraverso casi concreti è il contenuto centrale dell’intervento.
 
 

2. Modellazione Tridimensionale per Oggetti

L’ambiente di lavoro di cui discuteremo (Aldus Super3D versione 2.00) è frutto di un gruppo con a capo Michael Martin e opera in qualunque elaboratore della famiglia Macintosh prodotti dalla Apple computer. Dal punto di operativo, gli aspetti fondamentali di questo ambiente di modellazione per superfici sono i quattro seguenti:

i. facilità di importazione e di esportazione dei dati manipolati nel programma;

ii. creazione e successiva trasformazione di volumi in un ambiente operativo simile a quello di programmi bidimensionali;

iii. modifica del progetto in qualsiasi vista incluse le visioni prospettiche e

iv. costruzione del modello con una serie di "oggetti" organizzati gerarchicamente.

Proprio a partire da queste caratteristiche si possono innescare quelle relazioni di ritorno di cui sopra abbiamo discusso: cercheremo di vedere in dettaglio di cosa si tratta analizzando delle applicazioni progettuali, ma è il caso preliminarmente di soffermarsi sul primo aspetto, quello di importazione dei dati.
 
 

2.1 Importazione ed Esportazione dei Dati

La linea Macintosh, sin dal suo primo apparire, fu caratterizzata dalla possibilità di trasferire i dati con operazioni di "copia e incolla" tra i vari programmi. (Ciò è dovuto alla filosofia interamente grafica dell’elaboratore: numeri, lettere, vettori o disegni vengono tradotti sullo schermo in una mappa di punti ? bit-mapped ? attraverso un linguaggio apposito ? quickdraw. Una serie di operazioni sono state così rese possibili, come la presenza, in un documento gestito da un programma di scrittura, di immagini provenienti da programmi di grafici).

Una caratteristica che ci si aspetta da un programma tridimensionale costruito per Macintosh è quindi la possibilità di importare e lavorare con dati provenienti dagli altri programmi. Almeno da quelli che appartengono alle tre famiglie principali, quelli di tipo paint (immagini trattate per punti ? sia se create ex novo che acquisite con digitizzatori), quelli di tipo draw (e cioè grafici basati su vettori) e quelle di tipo text (numeri e testi).

Per diversi anni però non è stato possibile ottenere operazioni di "copia e incolla" in un programma tridimensionale (avere per esempio la creazione di un volume a partire da una pianta realizzata in un programma a due dimensioni). Infatti per i programmi di modellazione a tre dimensioni i dati di Localizzazione, quelli di Forma e quelli di Struttura sono talmente complessi che richiedevano una deroga delle convenzioni quickdraw rendendo impossibili (o possibili solo attraverso tortuose traduzioni) l’utilizzo di quanto già fatto in altri ambienti elettronici.

In sostanza, quando si iniziava a lavorare in un programma tridimensionale si doveva lasciare quello che si era realizzato fino a quel momento e ripartire da capo per la creazione del modello. Tale condizione, come si può facilmente intuire, non è pratica ? dato che richiede un surplus di lavoro ? né è realistico pensare che si possa sempre cominciare a impostare un progetto direttamente in tre dimensioni. Più spesso infatti l’esigenza di un approfondimento volumetrico si fa viva in uno stadio iniziale, ma non "preliminare", della progettazione.

Figura 3: Digitizzazione usata come sfondo. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).

Il programma scritto da Martin è stato tra i primi a permettere di importare dalle tre famiglie che abbiamo appena descritto. I dati paint vengono trattati come sfondo di riferimento ? utili sia come ambientazione che come base per possibili ricostruzioni. Le famiglie text e quelle draw di origine vettoriale, al contrario, possono essere direttamente manipolati all’interno del programma tridimensionale.

Per fare un esempio è possibile copiare da un programma vettoriale una planimetria catastale (ottenuta direttamente oppure attraverso la digitizzazione e la successiva traduzione in vettori di una mappa) [17] incollarla in quello tridimensionale e, aggiungendo le informazioni di altezze per le varie superfici, ottenere il modello tridimensionale che puó essere esportato in programmi per la resa realistica delle superfici e degli effetti di luce.

Vediamo ora in un esempio ? piccolo in scala, ma complesso dal punto di vista della modellazione ? come questa capacità di importazione ed esportazione dei dati è stata sfruttata. Ci troveremo anche a discutere del processo di creazione di oggetti tridimensionali per estrusione o rotazione e affronteremo gli altri due aspetti cui abbiamo fatto cenno e cioè, la possibilità di modifica del modello in prospettiva e l’organizzazione gerarchica per oggetti. Quest’ultimo argomento sarà poi ripreso con l’analisi di altri esempi di progettazione architettonica.
 
 

3. Un Esempio Classico

Il College di Belle arti dell’Università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, Pa è opera dell’architetto Henry Hornbostel. Si tratta di un edificio classicheggiante dei primi decenni del secolo nel quale per ragioni economiche non furono realizzate quattro delle cinque nicchie previste lungo la facciata principale per ricordare i principali stili architettonici del passato.

Nel 1986, una cospicua donazione di un ex alunno ha permesso di riprendere in considerazione il completamento del progetto coinvolgendo nell’impresa in un primo momento Gerhard Schmitt, professore di Caad al Dipartimento di Architettura, e successivamente lo storico Richard Clearly e gli architetti Bruce Lindsey e Paul Rosenblatt, docenti di progettazione. Questi colleghi avevano prodotto sulla base dei pochi schizzi di Hornbostel, un progetto di nicchia classica ispirato allo stile dorico nell’elevazione e caratterizzato da una copertura a cassettoni da realizzare nel quarto di sfera della volta.

Chiesero la mia collaborazione per creare un modello tridimensionale con l’intento sia di studiare meglio la geometria della volta a cassettoni, sia di ottenere delle simulazioni. Si ottenne molto di più di quello che si era preventivato. Vediamo di coglierne "in azione" le diverse fasi.
 
 

3.1 Entrata dei dati

I disegni che i progettisti avevano prodotto su carta sono digitizzati e usati come sfondo. Questa tecnica rende possibile localizzare i cassettoni tridimensionali realizzati nel modello all’elaboratore in accordo con il progetto e soprattutto, come vedremo nel punto 3.3, controllare la loro deformazione (vedi Figura 3).
 
 

3.2 Creazione di un Cassettone

Il primo tema di modellazione consiste nella creazione del cassettone. Si tratta di un oggetto relativamente complesso innanzitutto per la sua sezione.

Attraverso procedimenti di estrusione non si può arrivare alla forma voluta eccetto che con la combinazione di più profili. La creazione del cassettone nasce attraverso una rotazione di 360 gradi, e limitata a quattro volte, di un profilo base. (Con un diverso profilo e utilizzando la funzione Connect Cross Sections è possibile ricreare l’andamento continuo della curva, ma l’approssimazione prescelta si è rivelata adeguata agli scopi da raggiungere).

Figura 4: Rotazione di un profilo e creazione di un cassettone. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).

3.3 Deformazione

Naturalmente il cassettone non aveva una forma di quadrilatero regolare ma, inserendosi lungo una superficie curvilinea, doveva, oltre a subire rotazioni lungo il suo asse verticale, assumere deformazioni trapezoidali.

È a questo punto che entra in gioco una funzione estremamente potente, il Reshape. Ogni punto che unisce le varie superfici che creano l’oggetto viene infatti modificato nello spazio e deformato in accordo all’andamento voluto dai progettisti.

Figura 5: Deformazione per punti. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).
 

3.4 Creazione della Sezione Tipo

La nicchia era nelle intenzioni dei progettisti ottenuta attraverso la rotazione di nove sezioni ognuna formata da quattro cassettoni in progressiva rotazione e restringimento per accordarsi all’andamento della sezione della volta.

Una sezione tipo composta da quattro cassettoni viene creata operando duplicazioni, rotazioni e deformazioni dell’elemento base. Vengono successivamente creati e inseriti gli elementi murari tra i cassettoni.
 
 

3.5 Struttura per Oggetti e Intera Nicchia

A questo punto avviene un passaggio decisivo. La sezione tipo viene tradotta in oggetto e successivamente inserita ad un livello più alto della gerarchia ? Nicchia Completa ("Overall" nella Figura 8) ? che contiene le informazioni geometriche dell’insieme.

La Sezione Tipo ? divenuta oggetto ? non può più essere modificata dall’interno di Nicchia Completa ma può essere duplicata, ruotata e deformata come insieme. Di conseguenza viene duplicata otto volte con un angolo di 22,5 gradi con il risultato di avere il modello tridimensionale completo che, come ci si era prefissi, permette:

i. il controllo progettuale da molteplici angolazioni;

ii. la verifica delle impostazioni geometriche (dimensioni, angoli di rotazione eccetera);

iii. la simulazione realistica del progetto (vedi Figura 7) attraverso la resa delle ombre, delle rifrazioni e dei materiali ottenute esportando il modello in un programma di rendering (Stratavision, scritto da un gruppo coordinato da Kenneth e Gary Bringhurst per Strata Incorporated).
 

Figura 6: Oggetto sezione tipo, inserimento nel modello, duplicazione e rotazione, risultato. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).
Gli aspetti fondamentali di importazione ed esportazione dei dati, insieme alle possibilità di modellazione, erano stati risolti brillantemente in questo ambiente, eppure questi aspetti sono di secondaria importanza rispetto alla possibilità principale che veniva offerta ai progettisti.
 
 

4. Progettazione Interattiva

La funzione potente e innovativa dal punto di vista del lavoro progettuale è dovuta a quello che precedentemente era stato anticipato quando si parlava dell’inserimento degli oggetti.

Figura 7: Resa delle ombre. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).

Un oggetto dal punto di vista del programma è una subroutine. Ogni volta che il programma ne trova uno ? comunque localizzato o deformato ? richiama la subroutine che lo descrive [2, 5]. Questa caratteristica minimizza la dimensione dell’archivio, velocizza la sua esecuzione, rende gestibili modelli di grande dimensione, permette tempi di ricostruzione dell’immagine che possono essere controllati dall’utente nascondendo temporaneamente alcuni oggetti accessori rispetto all’operazione che si intende svolgere.

Figura 8: Ambiente di lavoro per la progettazione interattiva. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).

Per spiegare l’importanza di questa struttura per oggetti organizzata gerarchicamente dal progettista ritorniamo al caso precedente e teniamo presente i due livelli di creazione del modello: Sezione Tipo, da una parte, e Nicchia Completa dall’altro (che contiene, duplicato nove volte, il primo oggetto). Ora, trasformando l’oggetto di base ? Sezione Tipo ? le sue modifiche vengono automaticamente riportate in tutte le occasioni in cui tale oggetto è presente nel livello più alto della gerarchia (vedi Figura 8).

Figura 9: Verifica automatica delle modifiche. Classic Niche nel Campus della Carnegie-Mellon. Progetto di B. Lindsey e P. Rosenblatt. Modello di A. Saggio (Pittsburgh, 1990).

È proprio questo, come si può ben immaginare, l’aspetto che ha assunto maggiore rilevanza dal punto di vista progettuale. Infatti l’andamento e la proporzione dei cassettoni, alla verifica tridimensionale del progetto, non si rivelò soddisfacente e nacque l’esigenza di usare il modello come strumento interattivo di progetto. Tenendo due finestre aperte simultaneamente fu possibile operare una deformazione per punti ? Reshape ? dei diversi cassettoni della Sezione Tipo (in proiezioni ortogonali), e verificare nella seconda finestra Nicchia Completa (e in una vista prospettica ad altezza d’uomo) l’effetto reso automaticamente nell'insieme (vedi Figura 9). Furono sufficienti meno di tre ore di lavoro progettuale per stabilire, sulla base dell’effetto visivo perseguito, le deformazioni desiderate dei diversi cassettoni e il rapporto tra pieni e vuoti che appariva ai progettisti come più soddisfacente. Ottenuto il risultato fu possibile creare nel programma tridimensionale delle viste ortografiche del modello quale base per gli elaborati esecutivi successivi. Il modello nell’elaboratore a quel punto non era più una simulazione elettronica di un plastico reale, ma qualcosa di molto di più. Era diventato una macchina per sviluppare le proprie idee.
 
 

4.1 Un Parco Tecnologico e Interventi Residenziali a Roma

Mi pare che questo esempio sintetizzi bene che cosa intendiamo per progettazione interattiva e quali sono i suoi vantaggi. Naturalmente le applicazioni sono molto vaste e vale la pena di vederne due applicate a un tema di progettazione più usuale.

Nel primo cso, il progetto aderiva al Concorso bandito dalla Associazione Costruttori Edili Romani "Quale periferia per Roma Capitale?" ed è stato redatto da un gruppo composto da Aldo Ferri, Ruggero Lenci, Nilda Valentin e Antonino Saggio. Il nostro progetto prevedeva la creazione di un parco tecnologico all’arrivo dell’autostrada da Firenze nel raccordo anulare di Roma e la creazione di una serie di residenze basse ad alta densità come saturazione della cinta abusiva del settore est della capitale.

Figura 10: Cambiamento di copertura. Concorso “Quale periferia per Roma Capitale”. Progetto di A. Ferri, L. Lenci, A. Saggio, N. Valentin (Roma, 1990).

Per progettare gli interventi residenziali fu realizzato un modello tridimensionale ottenendo questi risultati:

i. la gestione di un modello complesso di circa cento case ognuna completa dei particolari esterni;

ii. la progettazione interattiva dei vari ambiti spaziali attraverso l’inserimento e la duplicazione di due unità tipo controllate prospetticamente;

iii. l’approfondimento architettonico delle abitazioni svolto a livello dei due oggetti casa, mantenendo le scelte di localizzazione precedentemente stabilite in planimetria. Furono così sperimentate, e poi scelte, diverse forme di copertura e progettati infissi e recinzioni verificando contemporaneamente il risultato che si otteneva nell’aggregazione complessiva;

iv. il trasferimento dei dati provenienti dal modello in tre ambienti diversi per successive manipolazione:

? in un programma bidimensionale, per la stesura della planimetria definitiva (furono aggiunti ai poligoni dei muri esterni le informazioni che si riferivano al piano terreno delle abitazioni. Evitare questo passaggio è tecnicamente possibile con altri programmi tridimensionali a costo di dare-avere non positivi in questo contesto),

? in un programma di tipo paint a colori per l’inserimento di elementi quali la vegetazione e le pavimentazioni nonché per il ritocco delle superfici nascoste e il controllo del colore,

? in un programma di rendering per il calcolo delle ombre e delle rifrazioni [18].

Figura 11: Studi per un gruppo di residenze. A. Saggio (Pittsburgh, 1990).   4.2 Residenze e Servizi nel Centro della Città di Nimega

Il progetto aderiva al Concorso bandito dall’Europan "Living in the city" ed è stato redatto da un gruppo composto da Donatella Orazi, Luigi Prestinenza e Antonino Saggio. La proposta prevedeva un complesso integrato di abitazioni e servizi nel centro storico della città di Nimega in Olanda.
 


Figura 12: Struttura gerarchica. Concorso “Living in the city”. Progetto di O. Orazi, L. Prestinenza e A. Saggio (Nimega, 1990).
 

In questo caso i tipi di abitazione previste, sempre ispirate al modello di case basse ad alta densità, furono sei, sia in risposta alle diverse esigenze programmatiche sia per aderire attraverso modifiche in sezione all’andamento del lotto che presentava un dislivello di circa tre metri. La differenza fondamentale con l’esempio precedente fu la gerarchia più complessa con cui era costruito il modello. Mentre nel caso precedente si avevano solo due livelli (quello dei due oggetti casa e quello della planimetria) qui i livelli furono cinque:

i. il più basso, quello degli elementi "accessori" (e cioè camini, infissi, recinsioni e ringhiere ciascuno trattato come oggetto distinto);

ii. un secondo, rappresentato dai volumi dei sei tipi di case;

iii. un terzo, rappresentato dalle aggregazioni di piccoli gruppi di abitazioni;

iv. un quarto rappresentato dal contesto e

v. l’ultimo rappresentato dal modello intero.
 
 

Naturalmente un oggetto è inserito e duplicato il numero di volte necessario all’interno dell’oggetto superiore della gerarchia. Così per esempio una ringhiera è formata a partire da un oggetto "montante" che viene inserito e duplicato nell’oggetto casa. La casa a sua volta è inserita nell’oggetto aggregazione che è inserita nell’intero modello. La modifica dell’elemento ringhiera, come il cambio di colore, di altezza o di profilo si ripercuote in tutte le sue localizzazioni.

Figura 13: Studi residenziali. Concorso “Living in the city”. Progetto di O. Orazi, L. Prestinenza e A. Saggio (Nimega, 1990).

La sotto articolazione dei sistemi gerarchici degli oggetti presenta ulteriori vantaggi pur mantenendo invariati i risultati ottenuti dal precedente progetto: si ha infatti una gestione ancora più efficiente della memoria, una progettazione interattiva più articolata e la possibilità di progressivo affinamento progettuale degli elementi accessori.


Figura 14: Tavole finali e modello. Concorso “Living in the city”. Progetto di O. Orazi, L. Prestinenza e A. Saggio (Nimega, 1990).
 
 

Conclusione

Si possono trarre tre osservazioni finali sulla base delle esperienze descritte. Vediamole in sintesi.

Innanzitutto è possibile al livello di personal computer ottenere un processo interattivo di progettazione che si basa su una struttura gerarchica per oggetti. È importante sottolineare la piccola scala dell'elaboratore (Macintosh II, 5 MB di Ram) perché si è di fronte a un costo relativamente basso e quindi a una possibile diffusione su larga scala di queste modalità operative. Naturalmente siamo anche lontani dalle velocità che permettono le workstation più potenti [4], eppure una costruzione attenta del modello permette la gestione di grandi quantità di informazioni e l’utilizzo di questa impostazione in molte occasioni progettuali.

In secondo luogo, i due progetti residenziali che sono stati descritti sono stati impostati a mano libera per quanto riguarda l’articolazione della pianta e la sezione. Successivamente sono stati disegnati in scala e verificati dimensionalmente in un programma per vettori. Mentre nel primo concorso la planimetria è nata direttamente nel modello tridimensionale, nel secondo, data la complessità topografica della situazione esistente, il progetto planimetrico è avvenuto principalmente su carta. La planimetria finale di progetto è stata ottenuta infatti attraverso piccole deformazioni e rotazioni delle case per seguire i confini delle strade adiacenti. Per raggiungere questo risultato progettuale (e forse anche per concepirlo) sia il programma bidimensionale che quello tridimensionale risultarono inadeguati. Ciò nondimeno il modello fu utile per la progettazione delle singole case, per le relazioni spaziali che si avevano in piccole aggregazioni e per la creazione di immagini di dettaglio sia assonometriche che prospettiche da inserire nella presentazione (vedi Figura 14). Direi che i limiti operativi incontrati, che possono turbare chi del Caad fa una religione, non sono stato sentiti come tali all’interno del gruppo di progettazione che ha saputo prendere da quanto i diversi ambienti ? tradizionali o elettronici ? potevano dare.

Per finire, il lavoro in un ambiente di modellazione come quello descritto in questo intervento ha, come si diceva nell’introduzione, delle relazioni di ritorno per il fare progettuale. Si è di fronte a un modello vivo, capace di rispondere alle sollecitazioni dell’architetto sia per le infinite viste che consente sia soprattutto per la capacità di essere costantemente manipolato. Questo è un risultato semplicemente non raggiungibile con nessuna tecnica tradizionale e rappresenta un’innovazione per le nostre abitudini e per le nostre modalità progettuali. Avere a disposizione un modello di questa natura spinge a considerare costantemente gli aspetti spaziali della composizione e a pensare il progetto come una serie gerarchica di elementi vicina alle sue modalità costruttive [10].

Si tratta di aspirazioni e di strutture mentali presenti nelle aspirazioni di alcuni progettisti, ma che vengono esaltate e rese effettivamente operative grazie all’uso di un ambiente di modellazione per oggetti organizzato gerarchicamente.

Scegliamo i libri che ci si ispirano, che ci aiutano a progredire, che sviluppano una tendenza latente, ma inespressa. Perché non dovremmo fare lo stesso con un Caad?
 
 

Bibliografia

[1] Akin, Ö. "The psychology of architectural design". Pion Press, London. 1986.

[2] Booch, G. "Object oriented design". The Benjamin/Cummings, Redwood, CA. 1991.

[3] Chen, C.C. Kramel, H. "BAU: A knowledge-based system for the investigation of a basic architectural unit". CAAD Futures ’91, In G. Schmitt (ed.), Zürich. 1991.

[4] Eastmann, C. e Lang, J. "Experiments in architectural design development using Cad". CAAD Futures '91, In G. Schmitt (ed.), Zürich. 1991.

[5] Gobetti, E. e Turner, R. "Object-oriented design of dynamic graphics applications". New trends in animation and visualization In N. e D. Thalmann (eds.). John Wiley and Sons, New York, NY. 1988.

[6] Goodman, D. "The complete Hypercard handbook". Bantam Books, New York, NY. 1987.

[7] Jacobs, S. "The Cad design studio. 3d modelling as a fundamental design skill". Mcgraw-Hill. New York, NY. 1991.

[8] Madrazo, L. "Design education with Computers". CAAD Futures '91, In G. Schmitt (ed.), Zürich. 1991.

[9] Mitchell, W. Liggett, R. e Kvan T. "The art of computer graphics programming", Van Nostrand Reinhold, New York, NY. 1987.

[10] Mitchell, W. Liggett, R., Pollalis, S. e Tan, M. "Integrating shape grammars and design analysis". CAAD Futures '91, In G. Schmitt (ed.), Zürich. 1991.

[11] Mortola, E. "An interface for designing". Ecaade Conference 1989 In Proceeding of Ecaade CAAD-Education Research and Practice, Aarhus. 1989.

[12] Saggio, A. "Dall’auto aggiornamento alla lezione interattiva per lo studio dell’architettura" Problemi di architettura e computer, In A. Sichenze, I. Macaione, E. Tolla, (eds.), Ermes, Potenza 1990.

[13] Saggio, A. "Documentazione e analisi dell’architettura contemporanea". Quaderno II Laboratorio di Disegno Automatico, Galeno, Perugia 88-102, 1991.

[14] Saggio, A."Extrusion, Assemblage, Joint and Connection in the Workshop of Gas Production by Giuseppe Terragni" Ecaade Conference 1989 In Proceeding of Ecaade CAAD-Education Research and Practice, Aarhus. 1989.

[15] Schmitt, G. Engeli, M. Dave, B. Shih, S.G. "Caad Programmentwicklung", ETH Zürich. 1991.

[16] Schmitt, G. "Microcomputer Aided Design". John Wiley and Sons, New York, NY. 1988.

[17] Tabasso, R. "Dalla bit map ai vettori: studi per un programma di riconoscibilità delle forme". Quaderno II Laboratorio di Disegno Automatico, Galeno, Perugia 103-110, 1991.

[18] Van Wyck. S. "Carnegie-Mellon University" Acadia Newsletter, 9 (51), 31, 1990.

[19] Vanier, D. "Hypertext: A computer tool to assist building design". The Electronic design studio, In M. McCullough, W. Mitchell e P. Purcell (eds.). MIT Press, Cambridge, MA. 1990.
 



Pubblicato in
Antonino Saggio, Modellazione Tridimensionale per oggetti. verso una progettazione
architettonica interattivain:  AA. VV., I.CO.Graphics, Atti del convegno, Mondadori, Milano 1992 (pp. 592-607).

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