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Antonino S aggio H ome
 
 

Il metodo Concept-Test nell'insegnamento della progettazione

di Antonino Saggio




Il metodo Analisi-Sintesi
 

Il tradizionale corso di progettazione è insegnato con un approccio che possiamo definire, in prima approssimazione, di Analisi-Sintesi. Le lezioni teoriche, le visite dell’area, lo studio di realizzazioni comparabili, l’analisi delle normative e del programma funzionale dell’intervento occupano in genere i 2/5 dell’intero corso. Raccolta e organizzazione delle informazioni ha come scopo la delimitazione di un’area di fattibilità (culturale, tecnica, normativa, funzionale) per le esplorazioni progettuali: al compimento di questa fase — in genere razionale e ben organizzata — dovrebbe apparire chiaro cosa è fattibile (di nuovo culturalmente, tecnicamente) e che cosa non lo è. In altre parole quale opzione progettuale può ricadere all’interno dell’area di fattibilità e quale no.

La delimitazione dell’area di fattibilità dà inizio alla progettazione. A un momento analitico se ne sostituisce uno sintetico che porterà al progetto attraverso un processo basato su informazioni "oggettive", ma che si sviluppa in modo intuitivo.

Il brusco cambiamento di metodo, di finalità, di strumenti e di obiettivi rappresenta generalmente un salto nel buio, in particolare per gli studenti alle prime esperienze o per quelli che si trovano ad affrontare un tema nuovo e complesso.

Da razionale espositore di problemi e tendenze, il docente tende a trasformarsi in architetto-committente, cliente, amministratore, costruttore, compagno di lavoro, giudice del lavoro dello studente. La sua azione in questa fase varia così dal dare consigli su come risolvere un particolare problema schizzando in un angolo del foglio, all’indicare edifici comparabili, all’incoraggiare (o scoraggiare) tendenze e idee vicine alla propria impostazione.

Il filo del processo progettuale, e quindi dell’insegnamento, è tenuto insieme dalle indicazioni che vengono fornite allo studente sui vari momenti di scalarità progettuale (planovolumetrico, organizzazione funzionale, impianto distributivo, elementi ripetitivi, dettagli costruttivi) e sulla necessità di affrontare lo studio di specifici problemi, (strutturali, tecnologici, formali) nel momento strategicamente più opportuno dell’evoluzione progettuale.

Questo tipo di approccio è confacente alla struttura di un corso che prevede le lezioni teoriche del professore e le esercitazioni pratiche degli assistenti. Attraverso l’Analisi-Sintesi gli studenti acquisiscono una buona comprensione dei diversi aspetti del problema e, soprattutto nei corsi di lunga durata e attraverso il lavoro di gruppo, riescono a fornire una rappresentazione completa e chiara del progetto.

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Allo stesso tempo l’approccio presenta diversi problemi: prima di tutto la discontinuità tra analisi e sintesi, tra studio delle coordinate generali del progetto e concreto fare. Gli studenti sentono la frattura tra gli aspetti razionali e gli aspetti intuitivi della progettazione come un fatto ineluttabile. Invece di avere una nuova analisi determinata e invocata da un problema progettuale, e quindi una analisi come un "aiuto" al progetto, essi hanno un punto artificioso dove l’analisi finisce e il progetto inizia. Gli studenti si devono muovere all’interno di un’area di fattibilità definita prima che la fase progettuale concretamente inizi. Essi si trovano così, quando per la prima volta mettono la matita sul foglio, oppressi dalle informazioni e i vincoli accumulati per mesi: come si diceva, ciò non li aiuterà a trovare una soluzione innovativa ma solo una fattibile. In altre parole — soprattutto gli studenti meno dotati e coraggiosi — si preoccuperanno così tanto di essere all’interno dell’area di fattibilità da limitare le proprie ambizioni senza operare un reale sforzo che cerchi di definire la migliore soluzione possibile del tema dato.

Dal punto di vista del docente, inoltre, la possibilità di sviluppare un metodo che aiuti gli studenti a muoversi all’interno del processo progettuale si rivela spesso inefficace o al più puramente intuitiva: la qualità dei risultati dipende in grande misura dalle capacità del docente stesso di combinare i diversi ruoli che viene di volta in volta ad assumere e/o nella abilità dello studente di trovare un proprio metodo per affrontare il viaggio progettuale.

In definitiva il metodo di Analisi-Sintesi rispecchia, all’interno dell’insegnamento, lo scollamento tra ricerca e progetto che affligge le Scuole di architettura: la difficoltà cioè di impostare e sviluppare una ricerca che sia realmente pertinente al fare progettuale.
 
 

Struttura del corso

Il corso di progettazione insegnato con Louis Sauer a Carnegie-Mellon nel semestre Primaverile del 1984 è stato basato su un approccio opposto a quello di Analisi-Sintesi. Il metodo lega le decisioni progettuali alle analisi lungo tutto il periodo del corso e in tutto il processo progettuale: la raccolta di nuove informazioni è strutturata in ondate successive in rapporto al maturarsi e approfondirsi delle ipotesi progettuali. La ricerca crea un momento di verifica, un "test", per le ipotesi progettuali mano a mano formulate e non una "analisi" da cui partire per il progetto.

L’ipotizzare e il verificare sono intimamente connesse, non accadano in momenti che è possibile separare cronologicamente (prima raccogliere le informazioni, poi progettare), ma in una forma ciclica che è ripetuta più e più volte nel iter progettuale.

Il corso durò per 18 settimane e fu diviso in due parti ognuna formata da una sotto sezione: la prima terminò con un progetto intermedio, la seconda con quello finale e la valutazione del lavoro svolto. Gli studenti furono tenuti a conservare in un formato ridotto le principali fasi dello sviluppo progettuale

Si iniziò chiedendo di redigire in due ore uno schema progettuale completo che avesse il solo fine di ottenere "un ambiente in cui fosse bello vivere". L’esercizio rappresentò il momento iniziale del metodo che avviandosi con un atto progettuale ribaltava già dal suo primo passo l’approccio Analisi-Sintesi.

Nei giorni successivi si illustrarono le finalità e gli aspetti del tutto generali del programma residenziale e si richiese la presentazione di due interventi che affrontassero tematiche comparabili. La discussione sul materiale permise di delineare alcuni degli aspetti fondamentali dell’edilizia residenziale, ma soprattutto determinò un momento di implicita verifica del primo schema formulato.

Dopo questo ciclo, gli studenti intervistarono delle persone che facevano parte di nuclei non-tradizionali e/o che lavoravano in casa. Dopo una discussione in classe e una seconda intervista, proposero una modifica all’alloggio per ottenere una più soddisfacente soluzione delle particolari esigenze della persona intervistata.

Il ciclo di esperienze e la conoscenza delle informazioni dettagliate del programma (superficie, numero abitanti, ambienti e superficie degli alloggi), dette agli studenti l’opportunità di verificare la loro prima ipotesi e, allo stesso tempo, rappresentò l’avvio per una seconda proposta per l’area del progetto.
 
 

Approfondimento

Le tre fonti di informazioni ormai acquisite — progetti comparabili, possibili utenti e richieste di programma — delimitò l’area di fattibilità per le esplorazioni progettuali.

La successiva serie di iterazioni fu incentrata su tre aspetti della progettazione residenziale: l’organizzazione planimetrica, l’espressione formale, il funzionamento della cellula. Alla presentazione settimanale delle idee seguiva una discussione comune. I docenti commentavano le ipotesi, indicavano ulteriori fonti di informazioni per approfondire l’argomento trattato e organizzavano delle comunicazioni sul nuovo ciclo .

La raccolta, studio e comprensione dei nuovi materiali imponevano la verifica della ipotesi e spesso lo schema veniva scartato e se ne adottava uno nuovo.

Questa fase portò le iterazioni del progetto a otto (due iniziali e due per ogni argomento affrontato analiticamente); al termine del ciclo gli studenti avevano un’idea sugli aspetti generali del progetto e soprattutto cominciavano a comprendere le implicazioni reciproche che scelte alle varie scale comportavano.

Il progetto richiesto doveva riassumere e incorporare tutte le informazione raccolte, trovare appropriate soluzioni progettuali, seguire il regolamento e il formato grafico richiesto dal concorso, ed essere presentato a una importante revisione collettiva. Oltre ai due docenti in questa occasione gli studenti ebbero l’opportunità di discutere le loro proposte con un gruppo di altri insegnanti della scuola, esperti nel campo e professionisti.

Dopo la revisione collettiva — che costituì anche l’occasione per il giudizio di metà corso — gli studenti affrontarono per due settimane una serie di veloci esplorazioni incentrate su argomenti quali la flessibilità, il clima, la forma architettonica, la risposta al contesto. Dovevano affrontare ogni argomento cercando di ottenere "la migliore soluzione possibile" della caratteristica in esame, anche se la risposta progettuale poteva portava serio detrimento ad altri aspetti del progetto.

Nuove e più restrittive indicazioni di programma inviate dalla segreteria del concorso, insieme alla consapevolezza del complesso dare-avere tra caratteristiche diverse determinò il quadro definitivo su cui si muoveva il progetto. Ai 4/5 del corso la cosiddetta area di fattibilità si poteva considerare delimitata. Informazioni, analisi, lettura, commenti e lezioni dei docenti avevano accompagnato passo dopo passo l’evoluzione del progetto.
 
 

Conclusione del progetto

Il ciclo che doveva condurre al progetto finale iniziò invitando gli studenti a stilare un programma-progetto e cioè un insieme di scopi, finalità e intenti da raggiungere con la proposta.

L’obiettivo era ricapitolare il lavoro svolto e soprattutto definire un quadro chiaro e coinciso di scopi prioritari da raggiungere e di criteri con i quali verificare l’ottenimento o meno dello scopo.

Lo strumento usato fu una matrice dove i possibili fini furono disposti lungo la scala verticale e la gerarchia spaziale lungo l’asse orizzontale. Gli studenti dovevano indicare in ogni casella il livello di priorità che essi assegnavano allo scopo e i criteri con i quali operare la verifica.

Il compimento del programma-progetto dette inizio alla stesura del progetto finale. Le successive tre settimane di lavoro ebbero un’identica struttura: ogni settimana gli studenti avevano due revisioni individuali e un seminario collettivo.

Alla fine di ogni ciclo — che affrontò successivamente i temi della cellula, della planimetria e della forma — gli studenti dovevano progressivamente risolvere e "congelare" un aspetto del progetto.

Compiuta questa fase, vi fu una settimana di sintesi finale e due settimane per la redazione degli elaborati richiesti.

Alla mostra e discussione di fine corso i sedici studenti presentarono il loro lavoro a diciannove esperti (docenti, artisti, storici, alcuni degli utenti tra quelli intervistati all’inizio). Il gruppo degli esperti selezionò tre progetti da inviare al Concorso a testimonianza di una ricerca condotta globalmente da tutto il corso.

Ma la fine del progetto non coincise con la fine corso perché una fase sostanziale doveva ancora essere svolta. Basandosi su un raffronto tra la matrice del programma-progetto e il progetto finale si doveva:

1. esplicitare gli aspetti e le persone che traevano beneficio dal progetto;

2. riassumere il percorso progettuale compiuto attraverso la riedizione e presentazione del quaderno che raccoglieva le esperienze;

3. esplicitare gli obiettivi raggiunti e quelli non raggiunti e individuare in entrambi i casi le motivazioni.

Naturalmente questa fase apriva la strada a nuove esplorazioni e a nuovi approfondimenti. Approfondimenti che erano riconsegnati alle vicende personali degli studenti perché il corso era finito. Attraverso un ciclo serrato di Ipotesi-Verifica condotto per ben sedici volte gli studenti stremati non erano in grado di vedere altri valori che la fine del corso e il voto finale. Alcune idee fondamentali però avevano fatto breccia:

1. non esite una reale differenza tra informazioni (se si vuole ricerca) e progetto. L’uno è strumento dell’altro, il ciclo di ricerca è sempre presente all’interno del fare. Conoscenze e capacità progettuali, per un architetto, devono diventare la stessa cosa ;

2. lo sforzo di esplicitazione che aveva innervato tutta l’esperienza porta con sé un grande vantaggio: costruire conoscenza e progresso a partire dalla valutazione delle proprie esperienze progettuali.
 
 

Il metodo Ipotesi-Verifica

Il metodo didattico adottato ha alcuni svantaggi. Gli studenti inesperti si possono ritrovare confusi dal continuo ciclo di ipotesi-verifica: al progressivo accrescersi delle informazioni e quindi dei vincoli possono smarrire una buona soluzione perché incapaci di leggere abbastanza in profondità le informazioni (i vincoli normativi che solo un progettista esperto sa ben interpretare sono tipici a riguardo).

Altri studenti non sono in grado di ricavare dalle informazioni una serie di chiare indicazioni e di criteri sui quali operare la verifica delle loro ipotesi. Infine la pressione intellettuale esercitata sugli studenti, la difficoltà di dover continuamente ripensare alle proprie scelte al sorgere di nuovi dati sconsiglia un uso superficiale di questo approccio.

Nella mia esperienza tuttavia i vantaggi sono più rilevanti degli svantaggi. Innanzitutto il modello Ipotesi-Verifica aiuta a trovare una soluzione almeno parzialmente innovativa del tema. Durante le prime e più decisive fasi di progettazione gli studenti non sono oppressi da troppe informazioni e hanno un’ampia area di fattibilità per le loro esplorazioni. Certo lo spettro di possibilità è artificioso, ma la progressiva maturazione del progetto e la raccolta di nuove informazioni darà sempre più concretezza e specificità al progetto senza forzare prematuramente a soluzioni riduttive.

La cosa più importante dal punto di vista didattico fu la presentazione progressiva di nuovi argomenti lungo tutta la durata del corso e parallelamente allo sviluppo del progetto. Affrontare un nuovo dato sociologico, climatico, distributivo significò per lo studente cercare di comprenderne la portata all’interno della propria risposta progettuale.
 
 

Ruolo degli scopi

Come si vede diversi punti di contatto esistono tra l’approccio adoperato nel progettare illustrato nel precedente capitolo e quello seguito nell’impostazione di un corso accademico: l’iterazione del ciclo ipotesi-verifica, il progressivo approfondimento del progetto, la ricerca di esplicitazione come guida per l’iter progettuale e come strumento di approfondimento e di comunicazione. Esiste comunque una differenza fondamentale tra i due contesti quando si esamina la caratteristica e il ruolo svolto dagli scopi.

Gli scopi rappresentavano l’insieme delle caratteristiche fondamentali cui il progetto doveva dare risposta. Anche se subirono nello sviluppo del lavoro un progressivo affinamento, essi furono delineati all’inizio. In particolare, gli scopi, nuclei, lavoro flessibile, volumetria in risposta al clima, nascevano da esigenze legate agli aspetti sociali, funzionali, e alla localizzazione proposti dal concorso. Gli scopi sistema, gradualità, ruolo degli spazi collettivi nascevano dall’intenzione di "professare", nell’occasione che era offerta, una risoluzione coerente dei primi all’interno di una impostazione culturale più ampia. Il processo di Ipotesi-Verifica nello sviluppo del lavoro si è mosso di conseguenza attraverso una sempre più approfondita analisi delle alternative progettuali alla ricerca di una ottimizzazione degli scopi.

Nell’applicazione didattica, al di là delle analogie illustrate, diversa era la capacità degli studenti di cogliere i vari aspetti e le numerose sfaccettature della problematica e quindi necessariamente diverso fu il processo Ipotesi-Verifica e in particolare il ruolo che in esso giocano gli scopi.

Il ciclo Ipotesi-Verifica nel contesto didattico fu attivato non tanto dal progressivo affinamento delle alternative sulla base di una formulazione di scopi prioritari, quanto dall’inserimento progressivo delle informazioni. Nell’iter didattico buona parte del tempo fu occupato per fare comprendere gli aspetti fondamentali della problematica e per permettere allo studente di andare lentamente maturando gli scopi pertinenti al problema che furono formulati solo verso la fine del ciclo, in quello che è stato chiamato programma-progetto. La differenza tra questo processo e quello di Analisi-Sintesi più tradizionale è che nel caso dell’Ipotesi-Verifica la risposta progettuale è richiesta sin dalle prime fasi. Le informazioni sono legate così sempre al progetto, il momento dell’approfondimento tematico è visto come necessaria conoscenza per la scelta progettuale. Il fine della didattica non è diverso nei due modelli perché in entrambi i casi l’insegnamento tenta di fare comprendere agli studenti gli aspetti fondamentali del problema e di sviluppare una conseguente e pertinente risposta progettuale.

Il ruolo dello "scopo", dell’obiettivo o degli insieme di obiettivi da raggiungere, assume quindi un ruolo diverso nel contesto squisitamente progettuale e in quello didattico. Nel primo caso rappresenta il dato su cui operare la verifica, nel secondo diventa, insieme al progetto, il fine stesso dell’insegnamento che viene lentamente a definirsi nel lavoro dello studente attraverso un ciclo di approfondimento del tema mai scisso dal lavoro di progettazione. In entrambi i casi lo scopo è lo strumento indispensabile, per creare una progettazione consapevole, per approfondire i vari aspetti del tema, per valutare e comunicare le ipotesi e, infine, per raccordare il momento della ricerca a quello del progetto.
 


 




Pubblicato in
Antonino Saggio, Il metodo Concept-Test nell'insegnamento della progettazione
Pubblicata in Ricerca e Progetto, n.12, luglio 1989 (pp.47-50)
 


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