Critica dell'Architettura


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No Limits al Progetto

di Antonino Saggio Pubblicato su "Costruire"  Critica dell’architettura.  NO LIMITS AL PROGETTO
Costruire, n. 210, Novembre 2000 (p. 30).
 


Si è aperto il cantiere del Museo dell'Ara Pacis di Richard Meier. Si tratta di un vero evento perché da decenni il centro di Roma non prevedeva la realizzazione di un disegno compiutamente architettonico. Inoltre, almeno per chi ritiene che la progettazione non debba avere zone off limits, questo cantiere rappresenta una svolta positiva e un'inversione di tendenza.

Lo slogan "C'è tanto da fare nelle periferie, lascino gli architetti il centro" è stato coerente con lo strapotere di sovrintendenti, con quello dei teorici della tipologia e con chi sostiene l'esistenza di una bellezza da congelare, imbalsamare, musealizzare. Al progetto di architettura si è così spesso sostituita nel centro una prassi basata su rimedi provvisori realizzata attraverso interventi su arredo, illuminazione, vegetazione, pavimentazione, facciate ciascuno autonomo dagli altri e governato solo dalle sue settoriali esigenze.

Rivendicare "No limits al progetto" vuole dire ricordare che la complessa pratica intellettuale e tecnica che chiamiamo progetto di architettura ha invece il compito di formare un quadro coerente e significante della realtà. Può anche tralasciare, in molti casi, azioni che modifichino la materia edilizia propriamente detta per lavorare sui materiali secondi (vegetazione, illuminazione, flussi fisici e virtuali grazie alle tecnologie elettroniche e interattive di oggi), ma il suo orizzonte culturale è quello comunque di indicare una direzione complessiva. Ora si comprende perché da questo punto di vista progettare nel centro o progettare in periferia cambia solo nelle possibilità, nei materiali concettuali e fisici e nel grado di consapevolezza critica richiesto al progettista. Perché, naturalmente, una cosa è operare un paziente giovane e forte altra è lavorare su un quadro antico, stratificato e delicatissimo. Per lavorare in questi contesti bisogna possedere mano ferma, grande capacità, istinto sicuro, coraggio e visione.

Con queste premesse come non aderire a quanto il sindaco Rutelli e i suoi consiglieri hanno deciso? Scegliere, per riaprire alla progettualità il centro di Roma, un architetto di chiara fama come Meier che, reduce dalla costruzione dell'impegnativo Getty Center e vincitore del concorso per la Chiesa del 2000 nella capitale, si pone saldamente al centro degli schieramenti architettonici: cioè né sulla sponda della tradizione post-modern né in quello della decostruzione. W. Meier, allora: un'ottima scelta. E con questo potremmo finire.


Per approfondire sull'Ara Pacis

Si dà il fatto però che un poco per la stanchezza dell'architetto, un poco per compromessi nell'impostazione dell'incarico quello che Meier concepisce per Roma è un progetto di media qualità. Non brutto, non offensivo, non sgradevole, intendiamoci, anzi elegante per alcuni aspetti, ma nel complesso deludente perchè tutto centrato su una poco significativa simbologia antica (il gnomone della meridiana di Augusto) senza affrontare le molto più complesse sostanze che si sono stratificate nell'area. L'errore fondamentale da parte dell'amministrazione (anche se in buona fede perché mossa da un legittimo desiderio di concretezza) è stato quello di circoscrivere l'incarico a Meier al rifacimento della teca realizzata per proteggere l'Ara Pacis nel 1938.


Vedi un'animazione del Progetto di Meier
il progetto di Meier è anche Pubblicato su  "Zodiac" 17 "Casabella" 639
 

Ma il vero problema non è tanto la creazione di un Museo più efficiente dal punto di vista climatico, dell'illuminazione e della protezione dell'altare (e che abbia strutture commerciali, una biblioteca e un piccolo auditorium), ma bensì quello della sistemazione dell'intera area. Si tratta di una delle zone più irrisolte del centro di Roma perchè vi si somma errore a errore (a partire dalla distruzione del Settecentesco Porto di Ripetta per realizzare gli argini del Tevere per finire allo sventramento attorno al Mausoleo di Augusto). Oggi Meier stesso farà parte, si dice, della giuria di un Concorso per la sistemazione dell'area di Piazza Augusto Imperatore. Bene, ci domandiamo, ma non si poteva procedere diversamente? E cioè prima pensare a un progetto che ridesse senso all'ambito urbano che va dalla Trinità dei Monti all'ex Porto di Ripetta (infatti l'eliminazione del porto ha tolto il punto terminale a una delle più ricche sequenze spaziali barocche quella "dei Condotti"). All'interno di questo nuovo senso, si poteva decidere una coerente strategia per il "dente cariato" del Mausoleo di Augusto e della piazza mussoliniana, e infine prevedere, di nuovo "entro" questo disegno, il progetto del Museo dell'Ara Pacis.

Ci rendiamo conto che immaginare un tale processo è oggi fantasticare, ma giusto è rivendicarne la necessità. In ogni caso, pur con i suoi limiti, il progetto di Meier riapre una spiraglio al progetto di architettura anche nel centro. All'opinione pubblica misurarsi, dibattere, decidere.
 

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