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Subject: malessere
Date: Venerdì, 6 dicembre 2002 2:28
From: if_rossi <if_rossi@hotmail.com>
To: antoninosaggio <Antonino.Saggio@Uniroma1.it>

Malessere
di Italia Rossi
.....

Lunedi e martedi scorsi sono stata a due incontri organizzati dal DARC, direzione
generale per l'architettura e l'arte contemporanee.

Il primo di questi, al Centro nazionale per le arti contemporanee di via Guido
Reni, inaugurava una serie di appuntamenti su "spazi per l'arte di oggi e domani".
E lunedi c'erano Mario Botta, che presentava il suo progetto per il MART di
Rovereto, Enzo Cucchi e la direttrice del MART stesso.

L'altro incontro era un convegno all'Accademia di S.Luca: "architettura e arte oggi
nel centro storico e nel paesaggio".

Anche se si trattava di cose diverse i pensieri che mi passavano per la mente erano
molto simili; e anche le arrabbiature.

Un passo avanti ed uno indietro rispetto ad allora per capire. E prende senso il fatto
di parlare tanto di arte e cultura, questo far venire la voglia dell'arte, a
trasformare l'interesse per l'arte in una tendenza, ma superficiale e diffusa, in
una parola commerciale.
 

Si dice che anche le strutture legate alla cultura debbano essere in grado di
sostenersi economicamente da sole, ma penso che l'intenzione sia piuttosto quella
di ricavare dei soldi, guadagnare, sfruttando un nuovo ed inedito senso comune
dell'arte.
 

Dal museo borghese, luogo (zoo) dove  le opere d'arte, schiacciate alle pareti,
possono essere "viste" da tutti, democraticamente, al museo del divertimento
(luna-park), dove nel biglietto d'ingresso è compreso un sacchetto di pop-corn. E
questo è orribile, non solo per l'odore delle macchine dei pop-corn, che
invaderebbe tutte le sale, quanto per il fatto che le mani rimarrebbero unte tutto il
tempo; dico unte, non semplicemente sporche, l'unto contagioso, che copre e non
va via, dalle cose e dal cervello.

Penso all'esperienza di Napoli, che pure era raccontata al convegno
all'Accademia di  S.Luca, o alle luci d'artista di Torino, e alla scelta coraggiosa
di puntare molto sull'arte nelle strade, nelle piazze e nelle metropolitane, che è
proprio l'opposto dell'idea del museo o è il museo diffuso (una contraddizione in
termini) e mi sembra interessante; ma tutto sommato anche questa è
un'operazione commerciale, un investimento, piuttosto che una partecipazione. E
penso alle persone che lavorano sull'espressione (artisti?), che hanno uno spazio,
un committente, perché poi, cultura a parte, bisogna pagarsi l'affitto di casa, ed il
cerchio finalmente si chiude.
 

E l'architettura? Cito testualmente il comunicato stampa del convegno:
"particolare rilievo sarà dato a quegli interventi che presentano una fusione tra arte
e architettura". Ecco il punto finale. Ci si potrebbe avventurare nelle definizioni
storiche dell'arte e dell'estetica e aprire un dibattito su se l'architettura  è
un'arte o no, ma credo che non avrebbe senso, come non lo ha l'idea di fusione
di architettura e arte.

Forse sarebbe più utile abbandonare le definizioni e concentrarsi sul lavoro
concreto della sperimentazione.
 

All'uscita del convegno, aspettando che la pioggia si calmasse, sento Ludovico
Pratesi dire "la verità è che non ci sono idee". Ed è così.
 

POTENZIARE L'IMMAGINAZIONE, questa è l'unica via.
 

Ripenso ancora alle sperimentazioni degli studenti tedeschi, la ricerca espressiva
dei materiali, lo scavare nei pieni (anziché aggiungere elementi nello spazio
vuoto), il ricercare nuovi spazi possibili, nuove forme ricavate, il divertimento nel
gioco, l'abbandono all'immaginazione, senza troppe domande, e senza risposte
preconfezionate.

E mi chiedo, sorridendo nervosa, se è architettura o arte o non so cosa.