Layers
 Prima dell’utilizzo dei sistemi CAD, i progetti erano costituiti da dozzine di disegni su carta o su mylar che alla 
 fine venivano stampatio copiati e poi portati in cantiere e usati nella creazione del progetto di un edificio.
 I disegni sono ancora necessari al processo di costruzione, ma oggi il progettista può organizzare in modo più 
 efficiente le informazioni usando i layer. E’ difficile ricordare, almeno per la nostra 
 generazione, i tempi dei lucidi sovrapposti e fissati congli spilli, ma i layer essenzialmente derivano dal 
 processo base di posizionamentodi informazioni simili sullo stesso foglio tramite strati sovrapposti.
 In un disegno tipo esistono molti layer tra cui quelli per le figure geometriche, le quote, le annotazioni
 e il bordo. La nostra ricerca, però, non è orientata verso la definizione e l’uso dei layer nei programmi CAD
 , ma tende ad individuare, attraverso lo studio di esempi concreti, le innovazioni,
 a livello progettuale, che i layer hanno introdotto nel mondo dell’architettura. 
 I layer 
 Quando si organizza un progetto di disegno con un programma grafico
 computerizzato, è innanzitutto necessario creare i layer, i tipi 
 di linea e scegliere i caratteri da usare per il testo.
 I layer sono l’equivalente dei lucidi sovrapposti, utilizzati per
 disegnare su carta e rappresentano lo strumento organizzativo più
 importante dei programmi CAD poiché consentono di raggruppare 
 vari tipidi informazioni per funzione e per applicare tipi di
 linea, colori e altre impostazioni standard.
 Le operazioni di disegno vengono sempre eseguite su un layer. 
 E’ possibile utilizzare un layer di default (già disponibile all’interno del programma) oppure un altro creato
 dall’utente con un nome
 specifico. Ad ogni layer sono associati un colore e un tipo di linea. Gli elementi associati ad un disegno
 possono essere raggruppati 
 assegnando oggetti simili allo stesso layer. Il numero dei layer che possono essere creati in un disegno e 
 il numero degli oggetti 
 inseribili in ognuno di essi sono 
 praticamente illimitati.Un disegno architettonico può essere costituito da diversi elementi, come ad esempio,
 nella pianta di un
 edificio ai vari livelli, dalle funzioni che caratterizzano il progetto: gli elementi portanti (pilastri,
 setti), gli impianti
 tecnici (termico, elettrico, idrico), le partizioni interne verticali, l’arredamento, ecc.
 E’ possibile quindi attribuire ad ognuna di queste funzioni un layer, un tipo di linea e un colore. Ad esempio è possibile creare
 un layer su cui si disegnano le linee dei muri e assegnarvi il colore blu ed un tipo di linea. In seguito per disegnare un muro,
 si attiverà quel layer prima di incominciare inmodo che ogni elemento disegnato al suo interno sarà di colore blu ed utilizzerà
 il tipo di linea predisposto.
 I layer consentono una grande flessibilità nella visualizzazione dei dettagli. E’ possibile visualizzarli in qualsiasi combinazione
 e nascondere linee o dettagli di costruzione.
 E’ possibile, inoltre, controllare la visibilità dei layer e specificare se gli oggetti di un determinatolayer sono modificabili o meno
 e eventualmente spostare oggetti da un layer all’altro e cambiare il loro nome.
 Si intuisce, allora, che poter intervenire singolarmente su ognuno di questi layer e, quindi su ogni singola funzione indicata nel
 disegno, permette di effettuare una serie di modifiche e manipolazioni
 del disegno stesso, con la massima precisione e una relativa semplicità.
 L'organizzazione dei disegni con i layer (Autocad) 
 La scheda layer.
 Tutti gli oggetti in AutoCAD hanno almeno tre proprietà: colore, layer e tipo 
 di linea. Quando si creano delle figure geometriche in 
 AutoCAD, che si tratti di un rettangolo, di un cerchio, di testo oppure di 
 una quota, tutti hanno un colore, l’assegnamento di un layer e un tipo di
 linea. Ogni disegno può averela propria configurazione di
 layer oppure si può impostare la struttura come da modello standard per 
 assicurare l’uniformità.
 Il layer predefinito di AutoCAD è 0. Le figure geometriche create sul layer
 0 hanno delle proprietà univoche relative ai blocchi,
 ma quando se ne creano di nuove per il progetto è meglio realizzare 
 unnuovo layer.
 Ordinamento di layer e tipi di linea.
 Dopo aver creato diversi layer ed assegnato ad essi colori e tipi di
 linea, è possibile fare clic con il mouse su ogni intestazione 
 di colonna per ordinare i layer. I layer possono essere ordinati in base
 al nome, alle proprietà di visibilità, ai colori o alle proprietà del tipo
 di linea.
 I tipi di linea possono essere ordinati per nome e descrizione.Quando i tipi di linea sono ordinati,da LAYER o da BLOCCO 
 vengono sempre visualizzati in cima all’elenco. I nomi dei layer e dei tipi dilinea possono essere organizzati in ordine 
 alfabetico ascendente o discendente.Controllo della visibilità dei layer.
 AutoCAD non visualizza né stampa gli oggetti disegnati su layer invisibili. Se si desidera avere unavisuale libera quando
 si lavora in dettaglio su un particolare layer o gruppo di layer, oppure se nonsi desidera tracciare certi
 dettagli, ad esempio le linee di costruzione o di riferimento è possibile 
 disattivare i layer o congelarli.Il metodo scelto per controllare la visibilità di un layer dipende dal metodo di lavoro
 utilizzato edalle dimensioni del disegno. E’ possibile congelare i layer che si desidera rendere invisibili perlunghi
 periodi di tempo.
 La modifica della visibilità dei layer.
 Se si passa frequentemente dai layer visibili a quelli invisibili, è possibile disattivarli invece
 di congelarli.
 Apriamo il disegno esempio BFLYHSE posto nella cartella che contiene gli esempi.
 Aprendo l’elenco a discesa Layer sulla barra degli strumenti Proprietà oggetto si visualizza Wall come 
 layer corrente; dall’elenco si disattivi il layer S-grid glin di colore rosso (si selezioni l’icona con
 l’immagine della lampadina); premendo invio il disegno verrà reimpostato dal computer senza visualizzare
 le linee di colore rosso.
 E’ molto facile controllare le varie funzioni dei layer dei disegni; questa flessibilità è molto
 importante mentre si lavora con una gran quantità di layer e AutoCAD ha introdotto notevoli miglioramenti
 negli strumenti di gestione.
 Congelamento e scongelamento dei layer.
 Il congelamento dei layer consente di eseguire più velocemente alcuni comandi quali: ZOOM, che consente 
 di aumentare o diminuire le dimensioni di visualizzazione nella finestra corrente; PAN, che sposta la
 visualizzazione del disegno nella finestra corrente e PVISTA, che imposta la direzione della vista
 relativa ad una visualizzazione tridimensionale del disegno corrente.
 Inoltre, congelare un layer consente di migliorare le operazioni di selezione degli oggetti e ridurre 
 il tempo di rigenerazione per i disegni complessi. AutoCAD non visualizza, stampa né rigenera gli oggetti
 posti su layer congelati.
 Quando si scongela un layer congelato, AutoCAD rigenera e visualizza gli oggetti su tale layer.
 Per congelare o scongelare un layer, dal menù formato scegliere il comando layer oppure il simbolo con i
 tre fogli bianchi sovrapposti, che si trova nella parte sinistra dello schermo, verso l’alto, e
 selezionare l’icona di congelamento/scongelamento, che risulta essere quella con il sole.
 E’ possibile, inoltre, congelare e scongelare i layer oltre che nella finestra corrente, anche in tutte
 quelle esistenti e in quelle nuove che saranno create in seguito.
 Il blocco dei layer
 Bloccare i layer può esser utile quando si desidera modificare oggetti che sono associati a layer 
 particolari ma anche quando si desidera visualizzare oggetti su altri layer. Gli oggetti su un layer 
 bloccato non possono essere modificati, ma sono comunque visibili se il layer è attivo o
 scongelato; è possibile rendere corrente un layer bloccato ed aggiungervi oggetti.
 Per bloccare o sbloccare un layer, si selezioni il simbolo con i tre fogli bianchi sovrapposti, e si
 selezioni l’icona raffigurante un lucchetto; il layer selezionato, se sbloccato, 
 sarà immediatamente bloccato o viceversa.
 Filtraggio dei layer.
 A volte può essere necessario elencare solo determinati layer. Ad esempio se si sta 
 lavorando su un visualizzare solo i nomi dei layer che contengono le informazioni sulle 
 linee elettriche. E’ possibile filtrare i layer in base a:
 Nomi, colori e tipi di linea. 
 Visibilità. 
 Stato di congelamento o scongelamento. 
 Stato di blocco o sblocco. 
 Uso corrente. 
 Dipendenza da disegni con riferimenti esterni. 
 Per filtrare un layer, una volta selezionato il solito comando layer, nella finestra dialogo Proprietà 
 layer e tipo linea, bisogna selezionare il comando IMPOSTA FILTRI LAYER e immettere le impostazioni 
 relative alle loro proprietà.
 Rinominare i layer.
 In qualsiasi momento durante una sessione di disegno, è possibile rinominare un layer per definirne 
 meglio la funzione; non è possibile rinominare il layer 0, oppure un altro che dipende da riferimenti 
 esterni.
 Dal menù Formato scegliere layer e selezionare, nella finestra dialogo Proprietà layer e tipi di linea,
 il layer da rinominare; quindi, selezionarlo ancora e digitare il nuovo nome.
 Eleminazione dei layer.
 In qualsiasi momento di una sessione di disegno è possibile eliminare un layer; non è possibile eliminare,
 invece, il layer corrente, il layer 0, un layer che dipende da riferimenti esterni oppure un layer che 
 contiene degli oggetti.
 I layer a cui fanno riferimento delle definizioni di blocco non possono essere eliminati, anche se non 
 contengono oggetti visibili.
 Per eliminare un layer, nella finestra di dialogo Proprietà layer e tipi di linea, si devono selezionare
 uno o più layer e quindi scegliere il comando ELIMINA. 
 Conclusione.
 Il concetto fondamentale che bisogna tenere presente quando si lavora con i layer è che il layer 
 visualizzato nella finestra dell’elenco a discesa della barra degli strumenti Proprietà oggetti è quello 
 dove saranno create le nuove figure geometriche. Inoltre si ricordi che si possono vedere gli oggetti
 creati su tutti i layer del disegno solo se i layer sono attivati e scongelati.
 L'organizzazione dei disegni con i layer (Archicad 6) 
 Definire i Layer.
 Tutti gli elementi disegnati con Archicad sono posti su un layer logico. Ogni tipo d’elemento, ha il
 proprio layer da default, ma possono anche essere utilizzate altre scelte quando si sta preparando un
 progetto.
 I layer possono essere organizzati in " combinazioni di layer ", per rendere più facile l’attivazione di
 alcuni layer allo stesso tempo.
 Dato che i layer sono tra i più basilari criteri di restrizione quando diversi gruppi stanno lavorando
 simultaneamente allo stesso progetto, è molto importante definire la struttura dei layer di un edificio
 prima di dar vita al progetto.
 La definizione e la combinazione dei layer può essere fatta nel box di dialogo
 " layer settings ".Ogni operatore può creare nuovi " strati ", ma soltanto
 PRIMA di inviare questo nuovo layer al progetto centrale. Da questo momento
 quei layer si comporteranno come tutti gli altri, riservando il compito di
 modificare, rinominare o, addirittura, eliminare alcuni layer in un secondo
 momento al capo gruppo, checonosce la password per poter operare quelle
 modifiche.D’altra parte, ogni membro del gruppo può chiudere, aprire, 
 mostrare e nascondere layer sulla propria copia e questi setting saranno 
 presi ogniqualvolta si vorrà disegnare sullo stesso progetto.
 Ogni membro del gruppo può operare dei cambi all’assegnazione dei layer 
 ed anche crearne di nuovi,
 ma questi cambi saranno apportati solo alla sua copia personale e saranno 
 persi quando si riaprirà il file. 
 Opzioni riguardanti i solai.
 Una schermata molto importante di Archicad contiene le opzioni per fare delle
 restrizioni sul solaio,in base alla storia, al layer e ai limiti fisici. 
 Le opzioni sono, dall’alto verso il basso:
 "Salta solai" (skip floor plans) : serve per non utilizzare le parti riguardanti le piante 
 (es.: quando si sta lavorando sulle sezioni soltanto). 
 "Cancella " (Cancel):cliccando su questo pulsante si ha la possibilità di cancellare l’ultimo segno che 
 si sta disegnando . 
 "Precedente " e "Successivo" (Previous e Next) : consentono di visualizzare la schermata corrispondente
 al "Sign in Wizard" . 
 Nella finestra relativa alla Storia del progetto , si può scegliere di mantenere tutti i passaggi o di
 mantenerne soltanto alcuni , evidenziando il loro nome nella finestra . Lo stesso processo può essere
 attuato per quanto riguarda i layer .
 Sotto la lista dei Layer vi sono due bottoni : "Piano completo" e "Limitato " ; servono per fornire delle
 opzioni di Storia e di Layer l’intero piano , oppure una parte ben definita ; se è stata scelta quest’
 ultima opzione , il vostro nome apparirà sullo schermo con uno sfondo verde il quale marcherà anche il 
 limite della zona che voi avete precedentemente delimitato . L’area riservata ad un altro operatore sarà 
 delimitata in rosso . 
 In basso alla finestra di dialogo vi è il tasto dei "Conflicts" : esso consente all’operatore di 
 poter controllare se alcune restrizioni da lui operate sono in conflitto con quelle eseguite da un altro 
 operatore che sta lavorando contemporaneamente allo stesso progetto con quelle eseguite da un altro
 operatore che sta lavorando contemporaneamente allo stesso progetto .
 Nota : se si sono operate delle restrizioni ad una parte ben definita della pianta 
 ( "with a marquee area") , il programma mostrerà i "conflitti" soltanto relativamente alla parte su
 cui l’operatore sta lavorando . Questo vuol dire che si può lavorare sulla stessa Storia o sullo 
 stesso Layer come qualsiasi altro operatore , sapendo che il tuo spazio di lavoro non verrà a coincidere
 con quello di un altro operatore .
 Autori:   Massimiliano Fabrizio   Walter Zerbini 

 Peter Eisnman
 L’inizio della sua carriera avviene alla fine degli anni ’60 quando ormai la cultura architettonica ha
 scoperto come generare valore non attraverso un processo di sintesi, come avevano fatto tutti i grandi
 maestri, ma attraverso un’operazione opposta: esclusione, parcellizzazione. Alla ragionevolezza si
 sostituisce la ricerca specialistica, spesse volte estrema.

 Le case che comincia a realizzare, e soprattutto a disegnare all’infinito, sono delle semplici riflessioni
 sui meccanismi generativi della forma. In particolare è molto interessato all’architettura razionalista
 di Terragni; studia con molta attenzione la "Casa del Fascio" che nasce da un’operazione di estrazione 
 di parti da un volume unitario, ma anche la casa "Giuliani Frigerio" che nasce da un’operazione di
 esplosione di piani dall’interno verso l’esterno.
 Nel progetto per la "House II" del 1970 mette in pratica questi due meccanismi opposti di generazione 
 vdella forma, ciò che ne deriva è un’operazione di IMPLOSIONE (estrazione ed esplosione insieme) 
 che consiste in una esplosione delle pareti, dei piani, dei volumi che non invade l’esterno ma è rivolta 
 verso il dentro, verso se stessa;come se l’unione delle due operazioni opposte di estrazione ed esplosione
 provocasse una violenta reazione chimica trattenuta dentro una provetta. La casa è formata da un sistema
 chiuso e proporzionato nelle dimensioni alla casa del Fascio alla quale si aggiunge un’esplosione di 
 piani che sembra trattenuta dal sistema precedente.
 E’ evidente che la sua architettura è fortemente concettuale e teorica e rischia di diventare un gioco
 arbitrario e formale con risultati alquanto discutibili. Egli inoltre sin dagli inizi della sua carriera 
 usa spiegare i processi formativi della sua architettura attraverso dei disegni analitici
 Dopo il progetto per la "House II" ne esegue molti altri (House III, House IV….) che si basano su semplici
 e logiche variazioni sullo stesso tema dell’implosione.
 In particolare la "House X" del 1975 sembra basarsi su un’operazione logica più legittimata.
 Il progetto sfrutta l’inclinazione del terreno in modo da far praticamente attraversare la casa dal 
 paesaggio naturale, dividendola in quattro quadranti che a differenza di quanto accadeva nelle case 
 precedenti rimangono elementi individuali e autonomi rinunciando ad un ritorno finale e fittizio all’unità
 compositiva iniziale. 
 La casa non viene realizzata e questo provoca in Eisenman una profonda crisi che lo spinge in nuove
 sperimentazioni teoriche.
 Nel 1978 si interessa alla psicanalisi di Freud e comincia a realizzare nuovi progetti di tipo concettuale.
 Utilizza una geometria tridimensionale a forma di "L" e facendola ruotare più volte nello spazio genera
 forme sempre diverse che tendono a mettere in discussione l’idea di significato come prodotto di una
 funzione.
 La "House XI" è formata da una concatenazione spaziale di elementi tridimensionali:
 l’elemento più piccoloè troppo piccolo per essere una casa (il suo scopo è proprio
 quello di provocare la domanda se si tratti diuna casa o di un modello 
 di una casa), l’elemento intermedio potrebbe essere una casa ma contiene al suo 
 interno l’elemento più piccolo (potrebbe essere un museo di case), l’elemento 
 più grande ha misura doppia diquello intermedio: come lo si potrebbe definire?
 E’ chiaro che le sue ricerche sono del tutto teoriche ed hanno come scopo ultimo 
 quello della realizzazione effettiva; non a caso egli in questa fase è interessato
 soprattutto alla sua attività didattica e non professionale.
 Nel 1978 realizza un progetto molto interessante per il concorso sull’area di 
 San Giobbe a Cannareggio (Venezia) nel quale anticipa il concetto della 
 stratificazione di "layers" per inserire il progetto in un 
 sistema che tenga conto di vari fattori (preesistente, organizzazione del verde
 ecc….) Questo nuovo concettoverrà utilizzato più volte da molti architetti negli
 anni ’80, emblematico è il progetto del parco dellaVillette realizzato da Bernard
 Tschumi che si basa sulla sovrapposizione di strati formati da linee,
 punti e superfici. 
 Nel progetto per Venezia Eisenman parte dalla nozione di un’architettura capace 
 di inventare il suo sito;
 piuttosto che tentare di riprodurre l’architettura della Venezia esistente, 
 la cui autenticità non potrebbe mai essere replicata, egli tende a costruirne 
 una fittizia. La struttura reticolare del progettodi Le Corbusier per l’ospedale
 di Venezia, degli anni Quaranta, viene estesa fino all’area di progetto
 e considerata come una griglia sovrapposta all’area del concorso; su questa griglia vengono collocati
 in modo regolare degli edifici che si basano sullo stesso concetto della House XI. Lo scenario creato è 
 un grande ed immaginario paesaggio metafisico che risulta essere in contrasto con il contesto urbano che 
 lo circonda, ma allo stesso tempo accresce la sua energia.
 I primi anni Ottanta sono per Eisenman un momento di profonda crisi e di rigenerazione che lo porterà
 a dedicarsi con più impegno alla sua attività professionale. In questi anni nasce nel campo dell’
 architettura una grande questione, quella del Contesto. Nasce cioè la consapevolezza che la città non si
 può più estendere all’infinito , che bisogna misurarsi con l’esistente e operarvi dentro.
 Eisenman scopre del contesto tracce nascoste, stratificate nel tempo, seppellite ma da rivalorizzare. 
 Nasce, nel suo metodo architettonico un nuovo strumento: il PALINSESTO che associa il sito all’idea di 
 una carta, di un papiro sul quale è possibile cancellare e riscrivere all’infinito ma con una limitazione:
 non si riuscirà mai a cancellare completamente, rimarrà sempre qualche traccia di cui nel riscrivere
 bisognerà tener conto.
 Nascono su questa linea metodologica numerosi progetti tra cui gli edifici d’abitazione per l’IBA
 a Berlino, l’University Art Museum a Long Beach (California), un giardino al Parc de la Villette a 
 Parigi ecc. Tutti si basano sulla sovrapposizione di carte storiche che mostrano analogie e relazioni
 tra epoche passate, presenti e a volte anche future.Ma Eisenman non smette mai di studiare, e sperimenta 
 sempre nuove tecniche di progettazione.  
 La tecnica del DISLOCAMENTO consiste nel far interagire tra loro sistemi divergenti del pensiero per 
 allargare le possibilità progettuali e percettive. Nel progetto per il Biocentro a Francoforte sul 
 Meno del 1987 impiega un paradigma scientifico, il DNA che è una sequenza logica con infinite possibilità
 di espansione e flessibilità, e vede come esso interagisce con le numerose regole tecniche che richiede
 la progettazione di un centro di ricerca biologico (sistemi di sicurezza, di riscaldamento, di
 ventilazione per ridurre i rischi di contaminazioni o diffusione di odori, materiali tossici o
 altri agenti chimici).
 La tecnica del BETWENN consiste nell’inserire il progetto tra fatti preesistenti è vedere cosa succede
 nei punti di contatto. Nel progetto del Wexner Center per l’università dell’Ohio invece di scegliere 
 uno dei lotti liberi all’interno del campus decide di collocare l’edificio in un’area interstiziale tra
 gli edifici esistenti; esso consiste di due corridoi tridimensionali contenuti in elementi reticolari 
 metallici che si intersecano e collegano la hall e l’auditorium esistenti con le nuove funzioni. Una parte 
 della struttura metallica è allineata con la griglia stradale, l’altra con la griglia interna del campus;
 in questo modo il progetto realizza un legame fisico e simbolico tra città e campus.
 La tecnica della VIBRAZIONE E DUPLICAZIONE si ricollega direttamente a quella utilizzata nei primi del
 Novecento da Balla e dai Futuristi per esprimere su tela la dinamicità ed il movimento tramite duplicazioni
 e rotazioni ripetute di figure. 
 Nel progetto per la facoltà di Architettura di Cincinnati nell’Ohio all’edificio esistente, che si
 muove funzionalisticamente a zigzag sul terreno, viene aggiunta una struttura ad andamento ondulato 
 (qui ritorna anche la tecnica del dislocamento) che contiene le nuove attrezzature e tra le due si crea
 un percorso ricco di variazioni. Entrambe le geometrie di base vengono duplicate e ruotate più volte
 creando un moto ondulatorio doppio (geometrico e ondulato), esse inoltre giocando con incastri 
 sottrazioni ed intersezioni dettano la conformazione degli spazi. I movimenti di traslazione e 
 duplicazione non solo si ripercuotono all’esterno ma soprattutto conformano l’interno. 
 Verso la fine degli anni Ottanta Eisenman comincia ad interessarsi anche alla GEOMETRIA BOOLEANA come 
 fonte ispiratrice. Nel progetto per La Casa Guardiola (una piccola casa sul mare) del 1988 egli parte da 
 una forma geometrica a L, e comincia a duplicarla e ruotarla nello spazio tridimensionale; si ricavano 
 forme in negativo e positivo e attraverso le regole della geometria booleiana di volta in volta si 
 decidono le sottrazioni o le intersezioni da operare. Ne deriva un meccanismo di oscillazione e movimento
 ispirato certamente dalla presenza del mare.
 Il progetto viene esposto alla grande mostra del decostruttivismo e dà ad Eisenman la possibilità di
 realizzare nuovi progetti in Europa, in Giappone, in America e un successo anche professionale.