Questo articolo fa parte della Sezione di Scritti a cura dei Dottorandi di Ricerca

"Teorie e scritture dell'architettura contemporanea" Vai  all'indice di tutti gli articoli  >>


Il seminario condotto da Antonino Saggio  ha inteso fornire uno spaccato critico su alcuni testi recenti di Teoria dell'architettura contemporanea e allo stesso aprire la riflessione sul rapporto tra teoria e pratica progettuale all'interno dell'attività dei partecipanti, A partire dal testo analizzato e commentato in ciascun articolo è presente un progetto architettonico che serve ad esemplificare, seppure parzialmente, alcuni nessi tra elaborazione teorica e ricerca progettuale di ciascun dottorando di ricerca.


Dottorato di Ricerca in

Composizione Architettonica (Teoria dell'architettura)

Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni – La Sapienza Roma

Direttore Lucio Barbera

 

Il camminare come progetto

di Giampaola Spirito

 

 

 

 

Il camminare, prima esperienza che l’uomo compie per abitare il mondo e per trasformare lo spazio attraversato, continua oggi ad essere utile strumento di conoscenza e di attribuzione di senso del paesaggio contemporaneo.

Questa convinzione porta gli Stalker, di cui Careri, l’autore del libro, è attivo esponente, a compiere e ad invitare alla trasurbanza: l’errare all’interno della città attraverso quei territori caotici, i vuoti urbani, le aree dismesse, gli spazi interstiziali, in quelle aree in cui si intersecano archeologia, abusivismo, infrastrutture, rovine industriali, elementi della vegetazione; quei luoghi che la città stessa e i suoi abitanti sembrano ignorare, ma che ci restituiscono il paesaggio metropolitano nella sua reale complessità.

La trasurbanza ridà senso a questi territori, attraverso il percorrerli, si ha la possibilità di comprendere la loro identità “diversa” e di conoscerne gli usi e i monumenti.

Careri, partendo da questa pratica di lettura della città contemporanea, ne ricerca le origini, percorrendo una storia del camminare, di cui la transurbanza è il momento conclusivo.

Le origini vengono ricercate nel mito di Caino e Abele, nel quale sono già presenti due modi di abitare il mondo e di concepire lo spazio: quello sedentario e quello nomade; da una parte la costruzione fisica dello spazio, dall’altra quella simbolica. L’architettura, tradizionalmente intesa, nasce da una necessità dello stare, dell’insediarsi in uno spazio, appunto sedentario, che come descrivono Deleuze e Guattari, è fatto di muri e di percorsi tra recinti; lo spazio nomade, invece, è caratterizzato da enormi vuoti segnati solo da poche tracce temporaneamente prodotte da chi lo attraversa. In seguito segnati dai menhir, primi oggetti di trasformazione sia fisica che simbolica del paesaggio.

 

    

Nomadi                                                                             Menhir di Dol,

                                                                                         Champ Dolent

 

Il percorso tracciato da Careri, da questo punto in poi, non segue parallelamente le trasformazioni subite dallo spazio sedentario (l’architettura) e da quello nomade, ma si concentra su i momenti in cui il camminare diviene azione estetica, che modifica simbolicamente lo spazio.

L’Anti-walk sono i diversi modi con cui le avanguardie artistiche di inizio e metà secolo hanno abitato collettivamente la città: le visite dadaiste nelle sue zone banali, le deambulazioni surrealiste nelle sue parti inconscie e le derive lettriste, la psicogeografia, gli effetti psichici che questi luoghi producono su chi li attraversa, le mappe costruite in base a questi stati d’animo, fino alla città ludica dei Situazionisti e la New Babilon di Costant, città nomade opposta a quella sedentaria in cui il camminare da elemento di conoscenza della città stessa diviene la sua ragione fondante.

 

        

Guy Debord, Guide Psychogeographique, 1957                               Asger Jorn, pagina di Fin de       

                                                                                                           Copenhague, 1957

 

Il Land Walk: il camminare continua alla fine degli anni ’70 ad essere una forma d’arte che modifica temporaneamente un paesaggio primitivo: ‘A line made by walking’ di Richard Long è una traccia sul prato prodotta dall’azione di camminare.

 

               

Richard Long, A line made                   Robert Smithson, A tour of the Monuments

By walking, 1967                                  of Passaic, New Jersey, 1967

 

Il camminare continua, anche in questi anni attraverso i viaggi di Tony Smith e da Robert Smithson nei territori di scarto delle città, ad essere una pratica per farli conoscere al pubblico e per attribuire loro valore estetico. La stessa esperienza-azione che, attraverso la Transurbanza, compiono oggi gli Stalker, che in questi luoghi residuali, che la città continua a produrre, cercano di superare l’opposizione tra pieni e vuoti, tra spazi sedentari e spazi nomadi.

 

 Stalker, Transurbanza

 

Lo spazio nomade non è anti-architettonico, “ il paesaggio inteso come architettura degli spazi vuoti è un’invenzione della civiltà dell’erranza” afferma Gilles Tiberghien nell’introduzione del libro, che si domanda anche “che ruolo può avere il percorso nella trasformazione della città contemporanea”. All’interno di un allargamento di campo disciplinare che compie Careri all’interno della sua ricerca, recuperando anche quello fatto dalla Rosalind Krass per spiegare la scultura degli anni ’60, e motivo per cui questo testo all’interno del seminario del Prof. Saggio rientra nel tema generale:”Architettura e dintorni”, il percorso assume significati diversi. Esso è sia azione del camminare, sia elemento lineare, oggetto fisico che attraversa lo spazio, sia narrazione dello spazio attraversato.

Quello su cui Careri punta l’attenzione è sopratutto il percorso come azione dell’attraversare lo spazio per modificarlo simbolicamente, non si arriva mai ad una trasformazione fisica, all’architettura, ma proprio questa è la scelta dell’autore, fornire attraverso la Transurbanza uno strumento estetico per conoscere e rendere visibili questi luoghi presenti nelle metropoli contemporanee che attendono di assumere nuovi significati e nuovi modi di essere abitati. Il percorso, allora, diviene una disciplina a se stante che l’architettura può sfruttare attraverso un’espansione di campo, in alcuni casi come una sorta di pre-progetto, come strumento conoscitivo del luogo, in altri casi come strumento di trasformazione simbolica.

Il progetto di trasformazione dell’ex Tabacchificio Centola a Pontecagnano Faiano in Centro per le creatività emergenti, non si limita ad una trasformazione simbolica di questo luogo, ma gli attribuisce nuovi significati attraverso la sua trasformazione fisica, attraverso l’architettura.

 

Concorso internazionale per la trasformazione del ex tabacchificio Centola

in Centro europeo per le creatività emergenti, Pontecagnano Faiano, (SA).

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

 

Planimetria generale dell’intervento: in grigio gli edifici preesistenti, in giallo il suolo

che attraverso le sue pieghe articola gli spazi pubblici e definisce i nuovi edifici.

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

 

Il luogo del progetto è proprio uno dei vuoti urbani, ricchi di presenze, monumenti abbandonati e usi spontanei che Careri descrive nel suo libro e la sua trasformazione produce uno spazio che deve essere abitato sopratutto percorrendolo.

La difficoltà del progetto risiede nel mettere insieme i manufatti architettonici preesistenti e di collegarli al resto della città attraverso un sistema di spazi pubblici che nella nostra proposta vengono definiti mediante un “basamento topografico”, una sorta di suolo artificiale che si piega e si articola in modo sia da dar rilievo alle preesistenze sia contenere le varie funzioni richieste.

 

I nuovi edifici appartengono al basamento topografico in modo da dar risalto agli edifici del Tabacchificio

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

 

Questo suolo artificiale caratterizza anche l’interno degli edifici preesistenti in modo che questi spazi in continuità con quelli esterni acquistino un carattere ibrido tra pubblico e privato.

 

Vista interna dell’edificio minore dell’ex Tabacchificio in cui il suolo si articola per contenere alcune delle funzioni richieste

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

Sezione dell’edificio minore dell’ex Tabacchificio e di una strisce di suolo

che definiscono i nuovi edifici

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

 

L’edificio centrale, inoltre, è ulteriormente arricchito dalla presenza di volumi di varie forme, che essendo sospesi, producono una compressione e dilatazione dello spazio sottostante riproponendo quella complessità di elementi, scorci, variazioni di luce e di quote, proprie dello spazio urbano.

 

Vista interna dell’edificio centrale, il cui spazio è caratterizzato dalla presenza

degli oggetti sospesi

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

Sezione dell’edificio centrale

Gruppo di progettazione: Giulio Forte, Gianpaola Spirito, Amleto Picerno Ceraso

 

Gianpaola Spirito

 

Gianpaolaspirito@tiscali.it