Corso di Progettazione Architettonica Assistita

CDL Via Flaminia Univ. La Sapienza

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Corso 2002 Home
 

I Ciclo: L'impatto dell'informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea. Il World Wide Web
 

11/03/2002
 

Rivoluzione Informatica in Architettura

A. Il concetto Marsupiale dell'Informazione
        Segui questo Intervento di A.S. (attenzione 8,5 mega)
B. Architettura come Informazione
C. Concetti derivati dalla Pubblicità
D. Il concetto di Modernità
E. La sfida per l'architettura









Kiasma Holl
 

To DO:
Leggi La Via dei Simboli

Approfondimenti a cura degli Studenti


 

Edoardo Pinto

Da: "Edoardo" <epinto@tiscalinet.it>
A: "Antonino Saggio" <Antonino.Saggio@uniroma1.it>
Oggetto: caad2002
Data: Mar, 12 mar 2002 23:38
 

METAFORA DELLA METAFORA

Mentre leggevo l'articolo  pensavo all' Opera House e al museo Guggenheim,arrivato alla quinta pagina la frase "...che l'architettura trascini emotivamente" mi ha fatto focalizzare l'attenzione sul modo in cui cambia il mio pensiero su un'architettura dopo averla vissuta....
Cosi l'opera di Utzon (vista solo nei libri) diventa facilmente un'arancia, mentre il museo di Gehry per essere descritto ha bisogno di un'immagine che racconti,in piu, un'emozione. La sensazione è di quelle che si possono provare immersi in un elemento della natura , il ventre della balena. ...in questo caso la metafora della metafora è piu difficile da trovare!



 

No così no



Mi sembra che lei, come fanno spesso gli studenti e purtroppo non solo loro, "copi" di quà e di là, senza virgolettare senza cioè citare esattamente un parere, un giudizio, una informazione per fondare su questa una  sua sia pur modesta costruzione critica e/o conoscitiva.

Quando dico scegliere un brano, "virgolettarlo" e partire da quello per il commento e l'approfondimento vi indico una disciplina  indispensabile per crescere e far crescere.
AS

vedi sotto

>Da: ANONIMO
>A: antonino.saggio@uniroma1.it
>Oggetto: La nuova architettura
>Data: Mer, 13 mar 2002 13:06
>

> ''la nuova architettura è l'arte dell'età dell'elettronica elettronica ,cioè
  del computer dell'informatica.E'l'elettronica è caratterizzata da tre parole
  chiave : proiezione , simulazione,mutazione .'
  Proiettare ,mutare e simulare sono parole attraversate da un tema quello
  delle figure retoriche ,che hanno uno sviluppo fortissimo proprio nella
  scrittura del computer ,creano interconnessioni,un modo di porre in relazione
  dati per lanciare messaggi, per convincere .
  I messaggi della nostra epoca elettronica sono sempre più metaforici e sempre
  meno assertivi.
  Nel mondo industriale ogni cosa si presentava per proporsi in maniera oggettiva
  ,oggi si mandano messaggi tutti traslati e metaforici (ad esempio nella
  pubblicità).Si compra prima la narrazione,l'utopia di vita che il prodotto
  promette,poi la sua forma ,e si da assolutamente per scontato che esso funzioni.Il
  contenitore stravince sul contenuto. Questo processo di metaforizzazione
  investe tutto ai nostri giorni. Nell'architettura vi è un interiorizzazine
  del paesaggio e del rapporto fra uomo e natura e andando avanti e necessario
  considerare l'elettronica e le interconnessioni.
  Gehry nel museo Guggenheim rappresenta questo nuovo modo di vedere l'architettura
  ,il suo messaggio ,è sgombrare come un turbine il campo dell'architettura
  da tante superfetazioni culturali incapaci di generare un ambiente adeguato
  ai nostri giorni.Egli libera il campo e lascia vedere chiaramente quale
  è il compito dell'architetto:creare uno spazio il più liberamente possibile.
  Si parla di Ghery come di un grande sperimentatore ,aperto e pronto ad assorbire
  gli stimoli da qualsiasi parte essi provengano ;uno che non parte da concezioni
  preconfezionate,uno che ha inserito senza timore nel suo gioco creativo
  ,le ultime sperimentazione piene di materialità ,dell'arte moderna in genere;la
  Pop Art,la città di Los Angeles con tutta la sua cultura ,compresa quella
  di periferia ,il teatro,la spregiudicatezza nel costruire plastici utilizzando
  i materiali più diversi,l'uso di programmi avanzati  per il computer ,le
  tecniche della Visual Art ecc.
  Tratta l'architettura come un suo interlocutore.Parla dell'architettura
  come di un 'organismo vivente',mettendo in risalto i tratti più caratteristici
  della personalità dall'esterno verso l'interno.
  Ghery crea un architettura in cui siamo indotti a stupirci di fronte a risultati
  mai visti prima .

>
>
>
> Bibliografia:Luigi Prestinenza Puglisi,Hyperarchitettura,Spazi nell?età
> dell?elettronica,Universale di
>                    Architettura,collana diretta da Bruno Zevi.
>                    Antonino Saggio,Frank O.Gehry architetture residuali,
> Universale di
>                    Architettura,collana diretta da Bruno Zevi.
>                    Giorgio Romoli, Frank O.Gehry Museo Guggenheim Bilbao,
> Universale di
>                    Architettura,collana diretta da Bruno Zevi.


Feninger Cattedrale

In uno scritto che si chiama New Subjectivity e che è in rete (non le do apposta il link, se lo cerchi se le interessa veramente ) parlo molto più a lungo della faccenda pubblicando il famoso disegno

A presto e comlimenti per la riflessione che è valida

Saggio

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Da: "theocharis" <theocharis@tiscalinet.it>
A: "prof Saggio" <antonino.saggio@uniroma1.it>
Oggetto: La Via dei Simboli: riflessione
Data: Mar, 12 mar 2002 23:24
 
 

Leggendo l'articolo sulla Via dei Simboli mi è venuta in mente la copertina di Feininger per il primo programma del Bauhaus del 1919.
 

La "cattedrale del futuro" (non di titanio o rame ma di vetro) che appariva in copertina stabiliva evidentemente
un collegamento con l'avanguardia dell'espressionismo. D'altra parte i disegni di
Mendelsohn, Scharoun, Luckhardt, la "corona della città" di Bruno Taut, il monumento a Weimar di Gropius, testimoniano come quella che abbiamo definito simbologia non tautologica dell'architettura facesse parte del bagaglio di personaggi che poi diventarono i protagonisti dei CIAM, del funzionalismo ecc.
 
 

Evidentemente questo bagaglio non si concretizzò, se non in scala ridotta e con compromessi (vedi torre Einstein), negli edifici realizzati in quegli anni del dopoguerra. Forse un motivo altrettanto importante di quello che veniva postulato (e cioè che avevano problemi più importanti da risolvere) era che mancava l'informazione(tecnologica), per realizzare un Bilbao o un Sidney.(in pratica non c'era Ove Arup o Peter Rice dove rifugiarsi). Oppure era un problema di rapporti tra costi e benefici che ne avrebbe tratto la città di allora.

Quindi una differenza con la "nostra" epoca è che "oggi" l'architettura è in grado di fare riferimento a quella simbologia non tautologica, non solo nella fantasia ma anche nella realtà.

antonio theocharis


Dio/Uomo

"Valentina Vita 2002" <POINT_@libero.it>..


Ho avuto la fortuna di aver potuto visitare molte delle opere architettoniche piu’significative,di cui mi appresto a parlare e,penso,sia importante l’esperienza diretta con esse per comprenderle in modo completo. Forse però, mi manca la primogenita: Sidney Opera House di Utzon.
Inizierei questo cammino parlando del Museo Guggenheim  di Frank Llyod Wright che,secondo me,va inserito a pieno titolo nel profilo che lei ha tracciato,sicuramente in chiave minore rispetto all’originalissima Opera House di Utzon,ma pur sempre un tassello importante nel nostro discorso. Profondamente organico e avvolgente,il Guggenheim di New York,ti “inghiottisce”in un mondo tutto suo,dove il connubio tra contenuto e contenitore e’riuscito al meglio,forse un opera isolata di Wright ma comunque molto significativa.La stessa sensazione ho avuto visitando il Museo Guggenheim  di Bilbao,molto lontani geograficamente e cronologicamente ma molto vicini concettualmente,come dice lei,infatti entrambi grazie ad un <<atrio centrale che spinge il visitatore a guardare all'insù>>e alla loro verticalità richiamano le Cattedrali gotiche e la loro riuscita ricerca spaziale. Sicuramente con la ricercatezza dei materiali e la complessità dei volumi,“la macchina” di Gehry, e molto più completa ma anche,se posso,caotica e inquietante (non trasmette sicuramente serenità).Geniale la scelta della posizione nel contesto urbano,con gli infiniti e diversissimi punti di vista,per non parlare dell’utilizzo di forme non codificate e la ricercatezza dei materiali.
In questo quadro come dimenticare la lezione di Scharoun della Philarmonie di Berlino,apprezzabile sia nella ricercatezza estetica,che dei materiali ma,soprattutto,nella spazialità interna,tutta nuova.
In modo diverso definirei,invece,il Museo dell’Olocausto di Libeskind,vuoi per la particolarità del tema,vuoi per il coinvolgimento dell’architetto nell’opera, penso sia una delle opere più riuscite degli ultimi anni. Infatti in essa e’racchiusa tutta la simbologia e la monumentalita’ del caso.
Sensazioni indescrivibili quando,dal vecchio Museo,si inizia il percorso obbligato nel nuovo, attraverso una scalinata che ti porta in basso e non in alto e poi,tutta quella ricercatezza nell’illuminazione:tutto e’simbolo,tutto e’ pensato,tutto al posto giusto,quasi impossibile percepire tutto questo in una sola visita. Ancora più monumentale,senza nessuno oggetto ancora all’interno,il massimo del Simbolismo e mi riferisco all’importanza del percorso zigzagato,degli spazi a tutta altezza,alle aperture sulle pareti come se fossero delle ferite inflitte sulla pelle di un uomo;o anche al giardino e alla torre tanto eloquenti quanto inquietanti. Insomma,un opera riuscita al 100% importante piu’ per l’aspetto monumentale-simbolico che funzionale.
Metterei,per esempio,in secondo piano invece l’opera di Renzo Piano,o meglio del primo Piano e inserirei,invece,in questo discorso,oltre al Museo della Scienza di Amsterdam,l’Auditorium di Roma. Importanti,sicuramente, per la riuscita sintonia tra forma e funzione.
Meno legato a questo filone, o meglio con connotati diversi,e’sicuramente la Casa del Fascio di Terragni ,magistrale nel rappresentare il suo monumetalismo non ricorrendo agli stereotipi del classicismo,come era invece in uso in quel periodo così particolare.
Comunque,senza dubbio,tutte le opere descritte sono state significative e sono mattoni importanti che, hanno costruito la storia e ci hanno aiutato a capire meglio le lezioni dei “padri”.

Paola Di Pasquale

Avevo Pensato a questi temi in una Critica di Architettura mai scritta che metteva a confronto il Gehry e il Foster limitofi
A presto

Saggio
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>Da: alrosel@tiscali.it
>A: Antonino.Saggio@uniroma1.it
>Oggetto: Commento all'articolo
>Data: Dom, 24 mar 2002 21:15
>

> L'aspetto che lei tratta dell'architettura come simbolo credo porti direttamente
> il pensiero alla "nuova" città europea. Esempio immediato è Berlino dove
> la necessità di creare nuovi simboli e la volontà di raggiungerli in maniera
> consistente per mezzo dell'architettura ha portato questa città ad una tumultuosa
> corsa alla ricomposizione del proprio tessuto urbano, alla nuova idea di
> città viva, la "città-cantiere". Dare di se' un'immagine spettacolare che
> colga ed esibisca  i linguaggi della contemporaneità è alla base dell'ultimo
> progetto per la città di Ghery. L'edificio per uffici a "Pariser Platz 3"
> è sorto di fianco alla storica porta di Brandeburgo e costituisce uno degli
> utimi tasselli di un puzzle che chiude il "grande vuoto" del muro. In un
> luogo quindi dove si è aperta una nuova sfida "per nuovi simboli" e dove
> per oltre quaranta anni si è levato un altro simbolo architettonico, quello
> della città divisa, troviamo un edificio "sorpresa". Interno ed esterno
> competono tra memoria e innovazione; in particolare l'interno appare "contaminato"
> dalla nuova epoca informatizzata e quindi già di per sé fortemente contaminata
> dalla facilità di comunicazione, scambio e di informazione, come lei stesso
> ha detto.
> Ancora architettura simbolo, se pur a scala diversa, si trova nell'opera
>  "mur pour la paix" di Clara Halter a Parigi. Si tratta di un'installazione
> fortemente
> evocativa che prende il normale simbolo di divisione e separazione e lo
> tilizza per unire e per dare un nuovo messaggio.
>
> " Dai geroglifici alle lettere, la scrittura ha ospitato fino ad oggi il
> supporto essenziale della civilizzazione umana. L'avvenire dirà se domani,
> con le tecnologie in gestazione, la parola pace e la memoria si declineranno
> ancora seguendo i due vettori che ho scelto: la scrittura e internet.?
> Clara Halter
>
> Le scrivo di seguito alcuni link che spiegano meglio l'idea del progetto
> del muro della pace. Alla prossima lezione.Alessia
>
> http://www.murpourlapaix.com/site/32l5.html
> http://www.phan-ngoc.com/fred/paris/html/murpaix.html


>Da: <lorisrossi@katamail.com>
>A: antonino.saggio@uniroma1.it
>Oggetto: CAAD2002
>Data: Ven, 22 mar 2002 22:17

Ho trovato molto interessante il paragone da lei suggerito tra l'enorme edificio costruito a Bilbao da Gehry e le antiche cattedrali del nord Europa edificate a partire dal XII sec. Il processo costruttivo, ma soprattutto il valore simbolico accomuna enormemente i due tipi di cantieri che ergendosi come enormi macchine polivalenti lasciano un segno indelebile nel paesaggio circostante. A tal proposito vorrei riportare qui di seguito alcuni versi tratti dal libro "Le radici delle cattedrali" di Roland Bechamann che forse riescono a spiegare meglio il tipo di accostamento:
"La dimensione delle cattedrali sorpende, poichè molto frequentemente non ha alcuna proporzione con l'importanza della collettività da servire.
Si possono menzionare città dove l'intera popolazione riusciva a stare dentro la cattedrale, e altre dove questo edificio poteva contenere più di due volte la popolazione urbana. Non bisogna dimenticare che la cattedrale serviva non soltanto la città, ma anche la regione circostante, e soprattutto che essa non era destinata semplicemente all'esercizio del culto e alla preghiera, che permettevano una forte densità per metro quadrato:sfilate, ricevimenti ufficiali, cavalcate, rappresentazioni teatrali ecc. vi avevano luogo regolarmente. Non si lesinavano inoltre le spese per questi edifici, che contribuivano al prestigio della città e dentro i quali ci si doveva trovare a proprio agio. Non vi erano vincoli di superficie da rispettare ne limiti massimi di spesa.
La cattedrale, per l'ampiezza della sua superficie in rapporto alla città da servire, ha qualche analogia con gli anfiteatri e con i circhi dell'antichità, le dimensioni dei quali, rapportate a dei nuclei urbani che erano, come si è dimostrato, molto modesti, ci meravigliano ancora adesso".


Hecker Simbolico
"Simona Miele 2002" simonamiele@libero.it


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Da: "Michele" <micheleborgna@tiscali.it>
A: <saggio@uniroma1.it>
Oggetto: Monumentalismo e architettura
Data: Mer, 13 mar 2002 10:07

Il Suo paragone tra il museo di Frank O. Ghery a Bilbao e la cattedrale del Medioevo, così diversi tra loro, ma anche così simili per il ruolo simbolico che assumono per il loro essere considerati agli occhi di tutti, non solo quelli di un architetto, dei monumenti, mi ha fatto venire in mente un'immagine di un monumento, per me molto espressivo, che ho visto su un libro di  "Storia dell'architettura" di Konemann.
Sono molte le architetture che vengono considerate dei monumenti e credo che ciò si debba al fatto che queste sono legate a delle risposte architettoniche a delle crisi che hanno portato dei profondi cambiamenti nel modo di fare architettura (se ho interpretato bene ciò che Lei stesso ha detto nella scorsa lezione). Un altro fattore non meno importante che ci permette di considerare un'architettura un monumento è quando la prima è carica di significati simbolici. Questo è il caso del Judisches Museum di Daniel Libeskind a Berlino  nel quale si può riconoscere una stella di David aperta con forza ("decostruita" credo che possa rappresentare un termine adatto) e che simboleggia la tragedia di un popolo.
Da queste considerazioni sulle relazioni tra architettura, simbolismo e monumentalismo ho ricordato questa immagine, a cui prima accennavo, e il ragionamento dell'autore su come "gli anni Novanta hanno rappresentato il decennio della cultura del ricordo". In questo periodo sono infatti nati molti monumenti e luoghi commemorativi, forse per un generale senso di riflessione, portato dall'ingresso nel nuovo millennio, sul secolo che stava per terminare.
Questo è il monumento per Walter Benjamin, realizzato dall'artista israeliano Dani Karavan nel 1994 sul confine franco-spagnolo a Port Bou, ed in particolare rappresenta un pò il punto d'incontro tra architettura, simbolismo e monumentalismo, proprio perchè esprime il suo messaggio con elementi architettonici.
Se non lo conosce lo descrivo in poche righe: il monumento nasce li dove W. Benjamin si tolse la vita durante la sua fuga dal nazismo nel 1940, è costituito da un tunnel in pendenza stretto ed angusto scavato nella roccia e formato da una stretta scala di gradini in ferro tra pareti di ferro rosso ruggine, tutto termina bruscamente alla fine dei gradini con una lastra di vetro oltre la quale c'è solo il mare. L'unica via di fuga è l'abisso.
Se ne vuole vedere alcune immagini Le dò due link:


http://www.walter-benjamin.org/portbou1.htm
http://www.sv.cc.yamaguchi-u.ac.jp/~kamimura/passage.html


Riguardo a ciò che vuole suscitare l‚architettura "moderna" (moderna in senso atemporale, come atteggiamento nel fronteggiare le crisi) credo sia possibile riprendere un‚espressione del pittore statunitense Barnett Newman in un suo scritto del 1949 che riporta le sensazioni da una visita ai tumuli indiani dell‚Ohio:" Guardando quel luogo, senti, percepisci, ecco, ci sono, sono qui;

hai davvero il senso della tua stessa presenza; cominciò ad interessarmi l‚idea di rendere lo spettatore presente: l‚idea che l‚Uomo è Presente".

Forse l‚architettura della rivoluzione informatica è come la scultura di Newman, non sta in un luogo, ma designa la località stessa, fonda essa stessa un luogo, è la sospensione dello spazio.

Attraverso la propria capacità comunicativa, le metafore, l‚architettura diventa come un‚arte religiosa che attraverso simboli cerca di cogliere alla radice la verità della vita alla ricerca di quel senso di infinito. L‚architettura si è aperta ad un processo di "osmosi" con la natura nel tentativo di ristabilire un equilibrio perduto.

In quanto figlia del suo tempo non può non sposarsi con le nuove possibilità tecnologiche che come le informazioni nella storia della mela fatta a lezione stanno contando sempre di più all‚interno di un progetto. Proprio grazie a queste anche l‚edificio vive un processo di dematerializzazione che gli consente di aprirsi ai nuovi valori.

Concludendo penso che con le moderne opere architettoniche si cerchi di trasportare l‚individuo verso una nuova dimensione della globalità che esorcizzi il quotidiano e susciti una sensazione di assoluto, quella stessa che si prova nell‚abbracciare il mondo con un clic.

Gabriele Chieppa

e-mail: brio_75@yahoo.it
 

Gabriele Chieppa

e-mail:brio_75@yahoo.it <mailto:brio_75@yahoo.it>



Grafica che si fa Architettura
Come le dicevo la faccenda è interessante
In un caso è Grafica che USA l'architettura
in quello da lei ricordato è Architettura che si "fa" grafica

Saggio

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>Da: "adele77@inwind.it"<adele77@inwind.it>
>A: antonino.saggio@uniroma1.it
>Oggetto: 2002 CAD
>Data: Mar, 12 mar 2002 23:53
>

> Ho l'impressione che in questa tensione rappresentativa gli Americani siano
> "avvantaggiati" dalla loro cultura dell'immagine, e dal loro pensare in
> grande...probabilmente, però gli rimane anche molto più facile cadere da
> quel filo che rappresenta il "giusto mezzo" fino allo scadere nel
> pacchiano, <fatto troppo>. La "M più grande di Miami" -Miami, Magia,
> Metropolitana- (Casabella N° 654) dei "r & r  studios" vuole essere un
> <concetto di arte negli spazi pubblici dal punto di vista dell'architettura
> intesa come arte pubblica per eccellenza>, è sicuramente un'immagine
> evocativa, un'icona dotata di grande capacità narrativa, ma è architettura?
> In questo caso la comunicazione entra nelle fibre dell'architettura, o è
> solo scenografia????? Adele Bonaduce

Architettura che si fa grafica

L'architettura come simbolo.Cambia il concetto di "funzionalità" dell'architettura.

Nel'architettura passata (anche se non da molto) per funzionalità architettonica si intendava il perfetto adempimento di ogni spazio progettato.
La nuova e ormai consolidata tendenza è quella di considerare il termine "funzionalità" come un insieme di elementi che spesso superano i confini del monumento stesso, dando forma ad un concetto che racchiude tanti aspetti formali.
Esempio fondamentale è il Museo Guggenheim di Gehry che pur non assolvendo a tutte le funzioni razionali e spaziali è certamente funzionale alle esigenze progettuali che hanno voluto un monumento "simbolo" efficace in tutti i suoi aspetti.
Il rischio (se di rischio si può parlare) è quello di vedere in futuro un'architettura che sia funzione di se stessa o una "progettazione funzionale al disegno". Come esempio valido si può assumere il design di www.designgraphik.com <http://www.designgraphik.com>  (imm. allegata) che utilizza l'architettura come mezzo espressivo e dove si nota l'utilizzo della "architettura funzionale al design", cioè un'architettura che ha come unico scopo l'affermazione di se stessa.
Luigi Valente


"Benedetta Vita 2002" <cube_@libero.it>



>Da: "carlobeer@inwind.it"<carlobeer@inwind.it>
>A: antonino.saggio@uniroma1.it
>Oggetto: 2002 CAD
>Data: Mer, 20 mar 2002 0:33

  Leggendo il suo articolo ho maturato alcune riflessioni sul difficile concetto di simbolo nell'architettura, la cui rinascita Lei ha attribuito ad Utzon nell'Auditorium di Sidney.
  A mio parere il simbolo non si è mai perso ma è sempre stato prerogativa di ogni architetto nel momento in cui si confronta con progetti di grande scala o d'importante impatto sociale. Ma dire se un'architettura sia veramente simbolica e rappresentativa è un processo che avviene a posteriori , ad opera finita e "collaudata", in base alle impressioni esercitate su chi usufruisce dello spazio creato, e poiché ogni persona è diversa dall'altra si svilupperanno diverse impressioni e differenti modi di interpretare quello spazio.
  Provando a chiedere a chi non sia del campo cosa ne pensasse dell' auditorium di Sidney, la maggior parte ne ha colto principalmente la connessione vele - mare ma solamente abitudine e tempo hanno giocato un ruolo importante nell'associare quest'architettura particolarissima alla città di Sidney e quindi all'Australia. La stessa Tour Eiffel di Parigi era stata concepita come simbolo di progresso tecnologico e delle grandi capacità del ferro, successivamente è divenuta caratteristica ineludibile del paesaggio cittadino di Parigi. Il museo di Bilbao, essendo più recente, è ancora visto da molti come mera scultura ricostruibile in altri luoghi, e non come espressione  della città spagnola nel suo insieme.
  L'architettura contemporanea non è più soggetta a vincoli imposti da governi o mecenati e gli architetti sono liberi di esprimersi con il loro personale linguaggio ma in ogni modo sottomessi a regole e budget economici imposti, sottovalutando, a volte, il valore dei siti e delle destinazioni dell'opera, dando l'impressione di discontinuità e di perdita di identità nell' architettura odierna. Ma forse una connessione di fondo che lega le nuove opere c'è , è la rete globale che si è sviluppata con la rivoluzione scientifico-informatica e che investe l'architettura su vari livelli . La rete si può riconoscere nella particolare attenzione odierna alla finitura degli edifici con materiali e connessioni tra elementi studiati con estrema precisione, oppure nelle connessioni tra gli  spazi  di un edificio con le maglie strutturali e infrastrutturali della città cui si allacciano (come succede a Bilbao, per esempio), o ancora nel ruolo di punti nodali per la diffusione di

pu
  Questo filo conduttore che caratterizza le architetture di oggi mi sembra sempre più forte e complicato, basato sulle nuove economie che regolano la società contemporanea e sull' evoluzione scientifico-informatica. Nell'architettura contemporanea quando un edificio riesce ad esprimere e a rendere evidente, anche a persone comuni, questa rete che coinvolge tutti, diventa un bell' edificio, rappresentativo non solo della città in cui si trova ma anche di un preciso stadio dell'evoluzione umana, se poi la sua espressività perdura e rimane al passo con il pensiero dell'uomo affermandovisi  con forza, diviene anche un simbolo inalterabile e subito riconoscibile come pietra miliare di cui si dovrà tener conto nelle architetture successive.
 


CONCATENAZIONI EMOZIONALI

Da: "alessandra" <ciccottandra@libero.it>
A: <antonino.saggio@uniroma1.it>
Oggetto: La cyber architettura e le concatenazioni emozionali..............
Data: Mer, 13 mar 2002 9:39
 

 L'architettura contemporanea, partendo da  un certo modernismo e postmodernismo, sempre più rifiutandone la maniera, demotivata e occludente, sta divagando in tutte le direzioni della differenzialità.
E' un architettura "multiculturale"che, attraverso una sofisticazione degli strumenti culturali e tecnici, mostra i disagi ambientali, gli spaesamenti, le incertezze di identità della società in cui vive.
L'architettura si sta mettendo a disposizione del caos.
La paura profetizzata da Victor Hugo, quando temeva che il libro distruggesse il ruolo dell'architettura, sembra essere stata esorcizzata,come una nuova cattedrale gotica, ricca di simboli e sublime stupore, essa è risorta dalle sue ceneri, incarnandosi e vestendosi di "comunicazione", per palesare il nuovo sentire comune.
Oggi l'architettura contemporanea, mentre ripercorre con maggiore proprietà e adeguatezza tecnologica le astrazioni, semplificazioni, ancora prevalentemente stilistiche del razionalismo e di altre tendenze del movimento moderno, sta affrontando un'inedita fase di sperimentazione innovativa, che è in rapporto con la terza rivoluzione industriale, ma più esattamente con le novità tecnico- scientifiche dell'elettronica, del controllo delle condizioni ambientali, delle ingegnerie biologiche e genetiche, dello sviluppo dell'informazione.
 Le tematiche dell'androide o del cyborg, nipote di Frankenstein, estremizzano quella che è soprattutto una mutazione antropologica.
 Il corpo dell'architettura si modifica per seguire le radicali evoluzioni dell'uomo contemporaneo.
I nuovi maestri  come Peter Eisemann, Daniel Libeskind, Zaha Hadid, hanno in comune una visione della città contemporanea, lontana, e  forse più realistica , di quella armonica e ordinata, immaginata dai padri razionalisti e ad essa contrappongono una città mutante, in continua evoluzione, contraddittoria ed emblematica, ove " creature simboliche" mostrano il sistema delle artificiosità emozionali del loro tempo.
Le risposte in tale direzione non vengono date utilizzando schemi e categorie prefissate, espressione di un determinato potere politico, ma confrontando categorie di qualcosa di indefinito, di vago, di nuovo.
La nuova architettura non si pone come  modello di comportamento, non promette paradisi artificiali ,ma,dialettizzando il conflitto tra romantiche nostalgie e ironie contemporanee, diviene il luogo in cui l'immaginario collettivo può scatenarsi, farsi sentire.
Si va contro l'ordine centrato, grigliato, naturale o macchinista, si  cerca lo sgretolato, l'anomalo, non tanto per creare inquietudine ma,  per liberare il differente regime dell'immaginario in una rete relazionale aleatoria che, esclude lo sviluppo di una manualistica per tipi e modelli.
L'architettura si libera dalla pretesa di proporre un modello totalizzante e può nuovamente dispiegare comportamenti plurali e concatenazioni comunicazionali.
 



Tre Tipi di Simbolo

Da: "MARINA LO RE" <marina.elle@tin.it>
A: <saggio@uniroma1.it>
Oggetto: Architettura - Simbolo
Data: Gio, 14 mar 2002 23:04

L'architettura contemporanea è simbolo.
Il significato di simbolo in architettura può essere, a mio parere, inteso con diverse accezioni:
  a.. Il simbolo può essere un messaggio celato da metafora. Una metafora costituita da elementi architettonici che richiamano alla mente immagini ed idee che costituiscono il messaggio implicito ed interpretabile dall'osservatore che il progettista vuole trasmettere. Un esempio di questo concetto di simbolo come metafora può essere rilevato nel "Yad Layeled" Museum Kibbutz Lohaniemei Ha' Getaot (Arch. Rami Karmi) dove la spirale che si vede nell'immagine sottostante rappresenta un vortice oscuro (l'olocausto) la cui risalita consente di raggiungere la luce centrale.

  a.. Il simbolo può essere un esplicito messaggio pubblicitario che diviene parte integrante dell'opera architettonica. A questo proposito riporto uno dei tantissimi esempi di architetture di questo  tipo che caratterizzano la nostra epoca dell'informazione: la sede centrale della McDonald's di Helsinki ( Arch. Mikko Heikkinen, Markku Komonen).
 

  a.. Il simbolo può essere la monumentale architettura rappresentativa di una città, come nei casi, ampliamente illustrati nel suo articolo, del Guggenheim o dell'Opera House.
 
 


Il serpente ed il pesce
Raffaella Natalini
"Raffaella Natalini 2002" <r.natalin@tiscalinet.it>
 


Vai


GENTE

>Da: "Leontina Vannini (zzn)" <leontina@gilles.zzn.com>
>A: <antonino.saggio@uniroma1.it>
>Oggetto:
>Data: Mer, 13 mar 2002 0:59
>

> il nuovo monumentalismo è un fatto civico, collettivo, della gente.
>
> l'epoca informatica funziona non più per messaggi assertivi, causa effetto,
> ma per messaggi metaforici.
>
 



SImbolo Informazione Informatica

da caroline.d@libero.it
Domestico

“L’ARCHITETTURA FA L’INFORMAZIONE”

Bloc 6 model, Almere, Olanda, 1999 Rem Koolhaas

L’architettura perde la sua materialità ed esprime un energia immateriale. Trasforma “un corpo architettonico” in “un corpo immateriale”, ovvero pura immagine. Dove architettura fa informazioni e informazioni fanno architettura.

Ma andando oltre, nei progetti di Kas  Oosterhuis la maschera della forma scompare, le architetture sono spazi deformabili, membrane virtuali il cui volume può variare attraverso le informazioni che provengono da computer azionati dagli abitanti. Questi spazi-enveloppe si modificano soltanto attraverso il linguaggio degli utenti che con le loro immagini trasformano gli spazzi fluidi in cavità mentali. Questo modo di progettare permette agli abitanti di informarsi, comunicare ed interagire con l’architettura.



Fuksas Simbolico
Da: "stefano tosti" stefanotosti@hotmail.com
 

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e se proprio volete leggere AS sulla faccenda
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E La macchina poetica?

Studente: Paolo Diociaiuti
Email: paolo.diociaiuti@inwind.it

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Gehry, Calder e i tipi di reti
 

Da: "if_rossi" <if_rossi@hotmail.com>
A: "lui l'assistente" <francesco.deluca@uniroma1.it>, "il prof molto saggio" <antonino.saggio@uniroma1.it>
Oggetto: un fatto, per esempio, su Ghery
Data: Mar, 26 mar 2002 22:31
 

.... ho letto questa settimana la sua pubblicazione su Gehry per l'Universale di Architettura.
Effettivamente l'opera di Gehry ha grande forza espressiva (architettura-scultura); e certamente si possano cogliere certe analogie tra opere come il Guggheneim di Bilbao e "Forme uniche nella continuità dello spazio". Ma esiste una sottile differenza.
Lo spazio di Boccioni è uno spazio denso. E' materia viscosa, di cui ogni singolo atomo si tiene all'altro saldamente e mai si frammenta o si confonde con altri corpi ed altre sostanze. Tuttavia ciò non impedisce a due corpi di incontrarsi e relazionarsi resistendosi, sfiorandosi, penetrandosi, mettendo sempre in scena una lotta. E' tutto un misurare la forza e il potere reciproci, affondando o ritirandosi, come in qualsiasi confronto. Tale sostanza ha, dunque, personalità e manifesta volontà e desiderio nel movimento. Ma un corpo che si muove incontra sempre la resistenza del corpo-atmosfera, giacchè questa stessa è considerata come un'entità materiale: il dibattimento sconvolge le forme, mai la loro individualità e unità costituzionale. Sono, infatti, "formE uniche nella CONTINUITA' dello spazio". E quest'ultimo é, dunque, la somma sintetica e interattiva di due entità in continuo movimento.
Per ciò che riguarda il Guggheneim, è indubbio che anche qui il movimento sia determinante, ma in un modo differente. Come premessa vorrei dire che l'architettura di Gehry va compresa, a mio avviso, sempre e comunqe alla luce dell'anima fondamentalmente pop dell'architetto, sebbene con certe caratteristiche del tutto originali. E questo non per il fatto che egli collabori con Mr Oldenburg, tantomeno per la poetica del chepscape. Piuttosto è pop, è tutto americano, un certo modo di porsi di fronte alla realtà, che non è domandarsene l'essenza, comprenderla (come, invece, fa Boccioni), quanto piuttosto un viverla, prenderla di petto, agirla, agire. In questo senso il cheapscape si inserisce nell'attitudine a manipolare la realtà partendo dall'accettazione profonda di ciò che vediamo come fatto. Questo è utilizzare la <<poverissima rete incrociata>> delle recinzioni dei campi di basket (piuttosto che <<dei pollai di campagna>>!). Questo è accettare i rifiuti come prodotto naturale della società che viviamo, ed utilizzarli come un qualsiasi altro materiale, tanto più se economico e in grande disponibilità.
Ma tornando al Guggheneim, vorrei proporre un altro parallelo, sempre con uno scultore, ma questa volta americano: Alexander Calder. A differenza dei lavori di Boccioni, gli elementi costituenti le strutture di Calder sono sempre e comunque superfici, a volte variamente piegate (specie negli "stabiles"), altre addirittura bidimensionali.  Ed il valore spaziale si coglie nel movimento della struttura: i piani, le superfici formano un volume virtuale, che è quello dell'area del movimento. Non più, dunque, la massa, per quanto stravolta dal movimento; pesante, per quanto dinamica; fatta di bronzo. Ma piuttosto lamiera sottile, per quanto deformata fino ad essere richiusa su se stessa; leggera, da sembrare piegata con le dita; a sezionare come lame l'ambiente. Lo spazio è riempito, piuttosto che pieno, di movimento, ed è definito dall'andamento delle superfici. Tutto è estremamente light, nel duplice significato di leggerezza/trasparenza. E, con questo, rimando ad un'opera di un altro artista americano, Bill Viola, chiamata "The veiling": consiste in una successione di schermi verticali paralleli di  materiale traslucido, sui quali sono proiettate le immagini di due corpi. Queste ultime si tramutano in successive visioni (una per ogni schermo) di dimensioni diverse.
E' figura senza peso, è un corpo sottile, è anima luccicante.
 



E se pensassimo alla differnza nello stirare una camicia?

di  Alessandra Cicotti

LA STIRATURA E LE NUOVE PIEGHE DELLA MENTE
 
La stiratura può essere vista come metafora dei cambiamenti antropologici della nostra società.????

Rispolverando le stanze della memoria mi sono ricordata di questa installazione datata 1993 ad opera degli architetti Liz Diller e Ricardo Scofidio.
Mi sembrava interessante l’idea di come un oggetto, la camicia, e il suo uso all’interno della quotidianità, potesse ben rappresentare i cambiamenti della nuova sociètà contemporanea, che rifuggono ogni schema pre-ordinato, prestabilito volgendo lo sguardo al caos, alla casualità, all’interattività di differenti livelli che abbracciano campo dello scibile.
L’antica scacchiera metropolitana, trasposizione nel contesto urbano, dei rigidi formalismi della città industriale, lascia il posto alla era delle informazioni, degli ipertesti, della tecnologia nuova.
Si attua una nuova lettura delle facoltà percettive e motorie del corpo umano, l’esplorazione di nuovi linguaggi espressivi, l’ampliamento della libertà di azione.

Bad Press prende in esame la stiratura, un’attività domestica ancora guidata da principi di economia del movimento progettata da ingegneri dell’efficienza a cavallo del secolo.
 
Nello stirare una camicia, ad esempio, con uno sforzo minimo è possibile ridarle forma trasformandola in un’unità bidimensionale e ripetitiva che occuperà uno spazio ridotto.

Lo schema standardizzato della stiratura "disciplina" sempre la camicia dandole forma piatta e rettangolare che trova il proprio posto all’interno di sistemi ortogonali di esposizione degli oggetti: gli imballaggi, i display espositivi, i cassetti del comò, gli scaffali degli armadi o le valigie.

Una volta che l’indumento sarà indossato porterà su di se i segni della logica ortogonale dell’efficienza.

Le pieghe parallele, gli angoli retti di una camicia pulita e stirata sono diventati emblemi ricercati di raffinatezza.
Cosa succederebbe se l’attività di stiratura si potesse liberare dell’estetica dell’efficienza?

Forse gli effetti della stiratura diventerebbero rappresentazione dell’era postindustriale e l’immagine del funzionale si tradurrebbe in dis-funzionale.
 

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